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Sicurezza delle cure: dall’anamnesi alla prescrizione dei farmaci

Il 17 settembre ricorre la Giornata Mondiale della Sicurezza delle Cure. Intervista alla dott.ssa Cristina Balzarotti, medico pneumologo dello staff di Direzione Sanitaria CDI

Molti sono i punti cruciali nell’atto medico che prevede la prescrizione di farmaci: il medico deve sempre partire dall’anamnesi, raccogliendo in modo accurato tutta la storia clinica; dal canto suo il paziente deve collaborare riferendo i sintomi, tulle le patologie di cui soffre o ha sofferto, gli accertamenti eseguiti. Segue la vera e propria visita medica. Quindi il medico può formulare una diagnosi o un sospetto diagnostico, consigliando approfondimenti clinici e strumentali.
Potrà poi essere prescritta la terapia: se la patologia è acuta ed intercorrente, si tratterà di terapia per un periodo di tempo limitato.
Di fronte a patologie croniche la terapia si protrae a lungo nel tempo, addirittura per tutta la vita, con necessari indispensabili controlli e possibili aggiustamenti dei farmaci assunti.
La prescrizione deve tenere conto di tutti famaci che il paziente assume abitualmente; è indispensabile che fornisca un elenco preciso, segnalando correttamente i dosaggi e non dimenticando integratori e fitofarmaci; fondamentale riferire anche le allergie.
La mancanza o incompletezza di queste informazioni può generare gravi inconvenienti: prescrizione di un farmaco controindicato con altri già assunti, duplicazione della stessa sostanza o di altre molto simili.

Fondamentale la collaborazione del paziente

In questo percorso, la collaborazione del paziente è fondamentale per una corretta diagnosi e una terapia sicura.
E’ importante che il paziente abbia un elenco aggiornato, chiaro e preciso delle medicine. Non solo i nomi commerciali dei farmaci, ma anche il loro dosaggio. Un trucco comodo e veloce per non sbagliare è quello di scattare con il proprio cellulare una foto della confezione del farmaco e mostrarla poi al medico.

Il ruolo del medico

Compito del medico è quello di  spiegare al paziente la diagnosi e condividere le terapie, redigere una ricetta  chiara, leggibile con le indicazioni di modi e tempi di assunzione.
In casi particolari, ad esempio l’insulina per i diabetici, gli inalatori nelle pneumopatie croniche e nell’asma, o i farmaci iniettivi (insulina, eparina, alcuni farmaci per patologie autoimmuni) il medico deve fornire spiegazioni chiare, anche con dimostrazioni pratiche, su come assumere questi farmaci.
Il paziente, a sua volta, deve, senza alcuna remora, porre al medico tutte le domande per chiarire dubbi, ottenere ulteriori informazioni e rassicurazioni, ad esempio su effetti collaterali.

L’alleanza terapeutica

Da tutto quanto finora descritto emergono le 2 figure che agiscono in collaborazione, il medico e il paziente. Così facendo si crea la cosiddetta “alleanza terapeutica tra medico e paziente”, che porta alla “aderenza” alla terapia, che va oltre la “compliance”, un atteggiamento meno coinvolgente e un po’ più passivo, che può essere causa di un non adeguato e no costante rispetto della prescrizione.

L’alleanza terapeutica assume un valore ancora più significativo nelle patologie croniche che, sappiamo, aumentano con l’avanzare dell’età. Secondo l’OMS, tuttavia, con l’età l’aderenza alla terapia diminuisce: in presenza di più patologie risulta solo del 50 %. E i dati riportati in occasione della Giornata nazionale per l’aderenza ai trattamenti dello scorso 12 aprile, promossa dal Comitato italiano per l’Aderenza alla terapia (Ciat), non sono certo confortanti: in Italia negli ultimi dieci anni i cittadini over 65 sono passati da 12,1 a 13,9 milioni, il 60,7% di questi è colpito da almeno una malattia cronica, e più del 70% non assume i farmaci correttamente.

L’aderenza alla terapia è essenziale sempre, ma in particolare nelle terapie croniche garantisce un miglior controllo della patologia, riduce le ospedalizzazioni, comporta minori eventi di esacerbazione, complicanze, e di morte. Rispettare le terapie prescritte significa una migliore qualità della vita, con un risvolto positivo da non sottovalutare che è l’aspetto socio-economico dovuto al minor numero di ospedalizzazioni.

“Curarsi bene fa bene”

Compito del medico è “rafforzare” la prescrizione ad ogni incontro, ma i pazienti si devono impegnare a curarsi bene.
Il paziente ha diritto a cure sicure, ma in questo scenario è lui stesso uno dei 2 attori principali. Senza la sua compartecipazione al percorso diagnostico non si arriva, o si arriva con più difficoltà, alla diagnosi, che porta ad una corretta terapia. Ma tutto quello che viene dopo è nelle mani del paziente, “curarsi bene fa bene”. E se non si è sicuri di ricordare bene, di aver capito bene, o in qualsiasi caso di incertezza, rivolgersi al medico è indispensabile.
Essere pazienti aderenti può essere a volte gravoso, ma i risultati in termini di stabilizzazione o miglioramento della patologia saranno il miglior conforto e la spinta a proseguire.

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