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Come cambiano i controlli pneumologici dopo il COVID-19?

Affrontare la fase 2 e le nuove modalità di controllo pneumologico.
Intervista alla dott.ssa Cristina Balzarotti, Pneumologa CDI

Quando mi è stato richiesto di scrivere su questo argomento, subito mi è venuta spontanea non una risposta, ma una, anzi due domande: “quando dopo”, “quale dopo?”.

Quando dopo?

Stiamo vivendo una prima fase del “dopo”, la tanto attesa “fase 2”.
In questo “primo dopo” non assisteremo ad un totale ritorno alla normalità, vigeranno ancora norme da rispettare rigorosamente. Ci saranno purtroppo ancora possibili contagi e ammalati, ma l’iniziale contenimento dell’epidemia sta già favorendo un più facile accesso ai ricoveri ospedalieri, dove si vanno consolidando protocolli terapeutici che danno i primi risultati positivi, ancora comunque in corso di validazione sotto l’egida delle Società Scientifiche e delle Autorità Istituzionali.
Si stanno intanto organizzando meglio i controlli e i monitoraggi sul territorio. Intanto molto, ma non tutto, si è chiarito sul comportamento di questo virus.

Il monitoraggio dei guariti

I primi pazienti dimessi e guariti, quelli in convalescenza, in quarantena o in isolamento domiciliare fiduciario necessitano almeno di un costante monitoraggio dei parametri vitali: temperatura corporea, pressione arteriosa, frequenza respiratoria e saturazione arteriosa, indice della quantità di ossigeno presente nel sangue e trasportato ai vari organi e tessuti. Se i primi parametri sono più facilmente rilevabili, molti possiedono un misuratore della pressione arteriosa, più complesso è reperire i saturimetri, ma si sta provvedendo a fornire questo semplicissimo ma preziosissimo strumento a domicilio.
Per alcuni pazienti, soprattutto dopo la dimissione, è necessario un supporto di ossigeno, si sono verificate difficoltà per la fornitura di questo gas che in tal caso è un farmaco indispensabile.
Questo è un “dopo” che preoccupa: ancora non si sa quale sia l’evoluzione a distanza delle forme più gravi di polmonite interstiziale, la classica polmonite da Covid-19, che può provocare fibrosi polmonare. Sicuramente sono necessari controlli clinici, strumentali, radiologici che dovranno essere valutati e per fornite indicazioni sul follow up di questi pazienti.
E veniamo ad un “dopo” un po’ più in là nel tempo, ma che ci auspichiamo arrivi prima possibile: la netta riduzione (assenza?) dei contagi. Un “dopo” successivo potrebbe purtroppo esser rappresentato da un ritorno del virus: la recente esperienza dovrà essere in grado di porre in atto tutte le precauzioni indispensabili per contenerla e per assistere i pazienti. Non ci sono certezze, ma nessuno si sente di escludere tale possibilità.

Intanto si continuano gli screening mediante tamponi, indispensabili sui pazienti per accertare l’assenza del virus, ma anche se correttamente eseguiti i tamponi possono dare risultati negativi.
E’ di questi giorni l’avvio di test sierologici, eseguiti su prelievo venoso, per accertare lo stato immunitario e la presenza di anticorpi. Saranno date precise disposizioni su quali categorie di pazienti eseguire questi test, che se positivi indicano una infezione in corso (presenza di immunoglobuline IgM, segno di infezione precoce) o pregressa (presenza o di immunoglobuline IgG).
Ciò che ancora non si conosce è la durata protettiva nel tempo di questi anticorpi.
La forte raccomandazione è quella di rivolgersi a laboratori autorizzati, che usino test validati, per ottenere risultati attendibili, che possano servire non solo al singolo individuo, ma che raccolti e analizzati diano un quadro rappresentativo della diffusione del virus, dello stato immunitario di una ampia parte di popolazione.
Il “dopo” che tutti aspettiamo è il vaccino: ci sono diversi studi in corso, in vari Paesi. Ancora non ci sono previsioni sui tempi di realizzazione e su come verrà distribuito.
E veniamo al “dopo” che riguarda i controlli ai pazienti che hanno avuto Covid-19: ancora non ci sono protocolli, ma è segnalata la necessità di controlli a distanza.
Naturalmente tutti i pazienti sono sottoposti a 2 tamponi a distanza, che devono dare esito negativo, anche per motivi di contenimento del contagio in ambito familiare, comunitario ed eventualmente lavorativo.

I controlli radiologici

Nei pazienti con forme più gravi, con polmoniti che possono aver addirittura aver richiesto ventilazione con intubazione, saranno necessari controlli radiologici, con radiografie del torace e TAC, per tenere in osservazione l’evoluzione del quadro di coinvolgimento dell’interstizio, la regione polmonare più gravemente coinvolta, che provoca fibrosi polmonare. Ci sono possibilità terapeutiche, ma ancora in corso di studio. Non si sa se queste fibrosi si risolveranno e in quali tempi, o se invece si consolideranno, senza ulteriori peggioramenti, o se purtroppo peggioreranno e con quale velocità.
Anche i pazienti con forme più lievi meriteranno qualche controllo radiologico.
Nei pazienti che hanno superato la malattia a casa, senza accertamenti, potrà essere utile acquisire almeno una radiografia del torace, per evidenziare eventuali alterazioni che potrebbero essere legate a Covid-19, più facilmente identificabili se sarà possibile un confronto che radiografie precedenti.

Spinometria in caso di polmonite con affanno

Poiché il sintomo più grave in corso di polmonite è l’affanno, soprattutto durante sforzi anche minimi, per tutti i pazienti che hanno superato la malattia utile uno studio funzionale respiratorio con l’esecuzione di una spirometria semplice, che misura volumi e flussi polmonari. Nei casi che hanno avuto decorso peggiore sarà consigliabile eseguire la spirometria con pletismografo corporeo, che fornisce una maggiore quantità di dati, e un test di diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (CO). Quest’ultimo studia il passaggio dei gas attraverso la membrana alveolo-capillare, pesantemente coinvolta nelle forme interstiziali, dove appunto avvengono gli scambi tra sangue e aria di ossigeno e anidride carbonica.
Tutti questi esami spirometrici sono di semplice attuazione, di nessun rischio per il paziente, ripetibili e riproducibili.

Insufficienza respiratoria: emogasanalisi, test del cammino e saturimetria notturna

In chi ha avuto insufficienza respiratoria, poi risoltasi, potrebbe essere indicata per maggiore sicurezza, oltre alla misurazione della saturimetria, soprattutto in casi border line, l’emogasanalisi arteriosa, che necessita di un prelievo arterioso per misurare con maggiore accuratezza le pressioni di ossigeno e quella dell’anidride carbonica, non rilevabile con il saturimetro.
Il test del cammino, che prevede una camminata in piano per 6 minuti, può confermare l’assenza di insufficienza respiratoria da sforzo, che non si accompagna necessariamente a riduzione dell’ossigeno a riposo.
Analogo discorso per la saturimetria notturna, che utilizzando un apposito saturimetro con possibilità di registrazione dei valori di ossigeno durante le ore di sonno, può fornire indicazioni sulla eventuale presenza di insufficienza respiratoria notturna.
Questi esami saranno indispensabili nei pazienti che sfortunatamente dovranno continuare la somministrazione di ossigeno anche a domicilio.

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