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Caregiver e family burden

Intervista alla dott.ssa Elena Mandorino, psicologa CDI

Durante il percorso della propria vita può accadere che la salute, il nostro bene primario, possa essere minacciato dalla malattia. Quando la malattia prende il nome di tumore, allora la persona che ne è colpita vive un’esperienza devastante: il cancro sconvolge i ritmi normali della vita, si infiltra nelle attività quotidiane e influenza le relazioni e la progettualità nella sua totalità, provocando un cambiamento nella vita di tutti i giorni.

Perché il cancro è considerato una “malattia familiare”?
La patologia oncologica è una prova esistenziale che tocca la vita del malato e l’equilibrio preesistente nel sistema familiare. Ecco perché, tra le varie definizioni, il cancro è anche espresso come “malattia familiare” capace di determinare profondi cambiamenti ed un continuo sforzo adattativo in funzione dell’evoluzione del quadro clinico. Pertanto, sebbene tutte le energie e gli sforzi siano concentrati sul malato oncologico, non bisogna trascurare i bisogni dei familiari che spesso passano in secondo piano, all’interno di questo scenario così complesso, e doloroso risultando invisibili.

Cosa vuol dire occuparsi di una persona affetta da un tumore?Impegno e riadattamento come prima cosa. I familiari del malato oncologico devono riorganizzare la propria quotidianità attorno alle necessità di trattamento e alle esigenze assistenziali. Contemporaneamente il nucleo deve continuare a “funzionare”, garantendo anche la soddisfazione dei bisogni di tutti i suoi membri. Davanti all’evento di malattia, possono emergere svariate reazioni da parte dei familiari che oscillano tra comportamenti di avvicinamento e di allontanamento: se da un lato la malattia può scatenare una reazione di avvicinamento e quindi accrescere il legame malato-curante tanto da risultare una risorsa potente e creativa per affrontare la paura e il dolore, dall’altro lo stesso comportamento di avvicinamento potrebbe essere fonte di “sacrificio” e senso di dovere affettivo totale nei confronti del malato tanto da sfociare in un vissuto di fatica insopportabile all’interno di una situazione già complessa. Diversamente, i comportamenti di allontanamento a volte si manifestano come veri e propri abbandoni dettati dalla difficoltà soggettiva a tollerare il dolore e la paura della perdita che la malattia comporta.  

Come si comporta un caregiver?
In questa situazione complessa il caregiver – ossia colui che si prende primariamente cura della persona colpita dal cancro – oltre a farsi carico di tutte le emozioni dell’altro mettendo a repentaglio il proprio benessere, è nel frattempo impegnato a diminuire il proprio senso di impotenza e incertezza. Egli è costantemente impegnato nel soddisfare i bisogni fisici del malato, nel gestire i sintomi, gli effetti del trattamento, i viaggi, le attese per visite e cure. 

Family Burden: cos’è e come si affronta?
È frequente che la sofferenza e i relativi bisogni del caregiver, indotti dalla malattia, vengano spesso messi a tacere per poter esercitare le funzioni di cura, accudimento, sostegno emotivo e aiuto pratico. La paura della solitudine, l’incertezza per il futuro, la modificazione globale dei propri ritmi di vita, e la carenza di sostegno possono determinare un “carico familiare” (Family Burden) che appare tanto maggiore quanto più limitate sono le risorse assistenziali a disposizione della famiglia. Il riconoscimento del ruolo assistenziale e dei bisogni del caregiver costituisce pertanto una priorità assoluta. È molto importante che il caregiver dedichi del tempo anche ai propri interessi o a iniziarne di nuovi, e a mantenersi in contatto con il mondo circostante. È fondamentale mantenere il proprio equilibrio psicofisico perché, se sopraffatto da eccessivi vissuti di inadeguatezza e impotenza, può minacciare il proprio senso di stabilità personale nella sua totalità.Se ci si sente sopraffatti dalla fatica, dall’ansia, dall’insonnia e dalla stanchezza, è utile chiedere aiuto ed imparare ad accettare che questo venga offerto. Gli interventi di sostegno psicologico rappresentano una delle possibilità per migliorare la qualità di vita dei familiari. La presenza di uno spazio di condivisione e di ascolto, dedicato al familiare, limita il senso di disorientamento che alimenta la paura. Lo psicologo aiuta il caregiver a ripristinare lo scorrere della vita attraverso rilanci progettuali, modifiche nello stile di vita e apertura alle relazioni sociali.

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