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Messa in sicurezza e bonifica ambientale: nessun onere per il gestore incolpevole

In tema di responsabilità ambientale, a carico del proprietario o gestore del sito inquinato non può essere imposto alcun obbligo di eseguire le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica, se egli non abbia direttamente causato l’inquinamento; l’obbligo di adottare le misure utili a fronteggiare la situazione di inquinamento rimane unicamente a carico del responsabile, a titolo di dolo o colpa, dell’inquinamento stesso.

Il caso riguarda una società che gestiva una discarica per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, realizzata presso una cava, ove, a seguito di un’ispezione dello stato della falda acquifera, era emerso il superamento di valori-limite di sostanze contaminanti. Il Ministero dell’Ambiente aveva, quindi, ingiunto alla società l’attivazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza (m.i.s.e.) delle falde acquifere contaminate e l’adozione di misure di prevenzione e di bonifica dei suoli e della falda. I provvedimenti del Ministero erano stati, però, impugnati dalla società, che lamentava l’omessa identificazione del responsabile della contaminazione e l’estraneità ad ogni responsabilità, essendo il superamento dei valori-limite di sostanze contaminanti causato da fenomeni d’inquinamento da tempo presenti e diffusi nella zona. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, pur concordando sul fatto che non fosse stata dimostrata la responsabilità della società, confermava i provvedimenti ministeriali, affermando che il proprietario o il detentore qualificato di un sito erano obbligati ad adottare le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica anche in assenza di qualsiasi responsabilità dolosa o colposa, sulla base del principio “chi inquina paga” del diritto europeo, basato su criteri di responsabilità oggettiva.

La società ha, quindi, proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, contestando, fra l’altro, l’erronea applicazione alla vicenda del principio “chi inquina paga” di cui alla Direttiva 2004/35/CE e, quindi, l’inesistenza, in capo al proprietario o gestore non responsabile dell’inquinamento, di qualsivoglia obbligo di provvedere alla messa in sicurezza di emergenza e bonificadell’area.

Le Sezioni Unite della Cassazione civile, con sentenza n. 3077 del 1 febbraio 2023, hanno accolto il ricorso, affermando che «[…] il Ministero non può imporre al proprietario di un’area contaminata (non responsabile dell’inquinamento) l’obbligo di eseguire le misure di messa in sicurezza di emergenza (m.i.s.e.) e di bonifica […]; il proprietario, in tale quadro, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione idonee a contrastare un evento che abbia creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile, secondo il canone causale civilistico, di verificazione di un danno sanitario o ambientale al fine di impedire o minimizzare tale minaccia; a sua volta, infatti, l’Amministrazione ha l’obbligo di effettuare le indagini volte all’identificazione del soggetto responsabile dell’evento di contaminazione che diffida a provvedere agli interventi di risanamento (art. 244), così che al soggetto estraneo alla contaminazione viene soltanto richiesto l’assolvimento di uno specifico obbligo di comunicazione quando riscontri la presenza (attuale o potenziale) di contaminazione (art. 245, comma 2), mentre l’obbligo di facere rispetto agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale è limitato all’adozione delle misure di prevenzione che sono funzionali al contrasto nell’immediato del potenziale verificarsi di un danno sotto il profilo ambientale e sanitario (art. 245, comma 1)»

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