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HCV: l'esperienza CDI, tra prevenzione, diagnosi precoce e nuove cure

Intervista al dott. Fulvio Ferrara, direttore laboratorio CDI

virus epatite c milano CDI

Il 1 dicembre la campagna Easy Test, realizzata in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele, compie un anno. L’appuntamento mensile ha visto partecipare all’evento di prevenzione un totale di quasi 400 persone che si sono sottoposte al test anonimo a risposta rapida di Epatite C e HIV nelle 9 sedi CDI coinvolte. Non solo: durante il Giro d’Italia l’impegno di CDI per sconfiggere l’epatite C è proseguito in 15 tappe della gara ciclistica nazionale più importante con un complessivo di 1500 test effettuati. Con il dr Fulvio Ferrara, Direttore di Laboratorio CDI, traiamo le somme di questi 12 mesi.

“E’ quindi l’occasione per tornare a parlare di epatite C, una patologia che colpisce circa 80 milioni di persone nel mondo. In Italia si stimano circa 300.000 persone affette dall’infezione, cifra a cui si deve aggiungere un numero non quantificato di persone con HCV positivo, ma del tutto ignare. Questo perché, in oltre i due terzi dei casi l’epatite C decorre in modo asintomatico, cioè in totale assenza di sintomi, con un periodo di incubazione che può andare dalle due settimane ai sei mesi. Soltanto nello 0,1% dei casi l’HCV dà luogo a una forma fulminante fatale, mentre il 60-75% degli individui infettati sviluppa un’epatite cronica C, che nel 20-30% di essi si evolverà nell’arco di 20-30 anni in cirrosi, condizione di rischio per la comparsa di tumore maligno del fegato (epatocarcinoma). La coesistenza dei virus HIV e HCV accelera la progressione della malattia mentre in gravidanza aumenta il rischio di infezione al nascituro (probabilità di trasmissione durante il parto sino al 5%, che aumenta se in presenza anche di virus HIV)”.

Come si contrae il virus?
In passato le principali fonti di infezione erano le trasfusioni di sangue (prima del 1992) e l’impiego di strumenti non correttamente sterilizzati, quali le siringhe di vetro riutilizzate e senza aghi a perdere. Attualmente i controlli sulle donazioni di sangue ed emoderivati nonché l’impiego di materiale sanitario monouso hanno pressoché azzerato queste modalità di contagio. Attualmente esistono alcune procedure che possono provocare il contagio, se praticate in ambienti non idonei e con materiale non monouso, tra cui: piercing e tatuaggi, trattamenti estetici, cure odontoiatriche, interventi ambulatoriali di piccola chirurgia, esami endoscopici, scambio di siringhe tra i tossicodipendenti, attività sessuali con partner multipli e concomitante assenza di precauzioni.

Esistono categorie particolarmente a rischio infezione?
Come per l’Epatite B, i tossicodipendenti, gli emodializzati, le persone sottoposte a trapianto e a trasfusioni prima degli anni ’90, i carcerati, gli immigrati da aree dove l’epatite C è endemica, ma anche chi ha le transaminasi alterate per due volte consecutive, come chi è affetto da malattie epatiche per altre ragioni (alcolismo, sindrome metabolica, malattie autoimmuni) dovrebbe sottoporsi all’esame.

Di contro, per sfatare false paure il virus non si trasmette?
Con baci, abbracci, carezze, strette di mano, tosse, starnuti, uso di servizi igienici, in piscina, in sauna, mangiando dallo stesso piatto o cibi preparati da portatori di HCV.

Esistono dei sintomi particolari?
Affaticamento, dolori muscolari, prurito, ittero, urine scure, vomito e nausea possono sono senz’altro campanelli d’allarme importanti.

Perché fare l’EasyTest?
Diagnosticare precocemente significa intervenire prima che l’infezione aggravi e adottare non solo le precauzioni necessarie per non diffondere l’infezione, ma per ottimizzare l’efficacia delle strategie terapeutiche. Easy Test è un tampone salivare che permette di dare esito in 20 minuti, che, se positivo, potrà poi essere riconfermato con un normale prelievo di sangue.

Esistono terapie per l’HCV?
La diagnosi precoce è molto importante perché di epatite C si può guarire completamente. Negli ultimi anni sono stati messi a punto farmaci di ultimissima generazione in grado di eliminare il virus nell’arco di tre mesi, con una guarigione nel 95% dei casi. Si tratta di farmaci ben tollerati, che possono essere comunque somministrati anche a malattia già in fase avanzata.

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