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Concorso di colpa del lavoratore: quando gli errori intaccano il risarcimento

La Cassazione civile chiarisce i principi da applicare per delimitare ai fini risarcitori l’ambito del concorso di colpa del lavoratore.

Il caso riguarda il risarcimento del danno conseguente all’infortunio di una collaboratrice ATA, scivolata in un piazzale ghiacciato, adibito a parcheggio della scuola presso la quale svolgeva la propria attività. Il Tribunale e la Corte d’appello avevano valutato la condotta della lavoratrice, che era uscita da una porta secondaria, ove era affisso il cartello di “divieto di accesso-uscita, da utilizzare solo in caso di emergenza”, sufficiente a dichiarare la sussistenza di un concorso di colpa da parte della lavoratrice, pari al 30%, in quanto soggetto a conoscenza dello stato dei luoghi (avendo, fra l’altro, tra i suoi compiti proprio quello di mantenere pulito il piazzale) e dotato al momento dell’infortunio di calzature non adatte al periodo di intemperie invernali.

La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che le sentenze a lei sfavorevoli avrebbero trascurato che la presunta condotta imprudente della lavoratrice fosse giuridicamente vanificata dal fatto che il datore di lavoro non avesse diligentemente adempiuto ai propri innumerevoli obblighi e doveri (manutenzione del cortile in buono stato di efficienza, imposizione del divieto di transito al personale), la cui osservanza avrebbe certamente, o con ragionevole probabilità, evitato l’evento.

La Sesta Sezione della Cassazione civile, con sentenza n. 36865 del 26 novembre 2021, ha rigettato il ricorso affermando che: «[…] non può […] escludersi che il comportamento colposo del lavoratore, autonomamente intrapreso ma non tale da non integrare gli estremi del rischio elettivo, possa determinare un concorso di colpa, da regolare ai sensi dell’art. 1227 c.c. […] allorquando l’evento dannoso non possa dirsi frutto dell’incidenza causale decisiva del solo inadempimento datoriale, ma derivi dalla indissolubile coesistenza di comportamenti colposi di ambo le parti del rapporto di lavoro; l’inadempimento datoriale agli obblighi di prevenzione non è infatti in sé incompatibile con l’esistenza di un comportamento del lavoratore qualificabile come colposo […]; le norme sanciscono l’obbligo del lavoratore di osservare i doveri di diligenza […], anche a tutela della propria o altrui incolumità […] ed è indubbia la sussistenza di tratti del sistema prevenzionistico che coinvolgono anche i lavoratori […], così come è scontato che i rapporti interprivati restino regolati anche dal generalissimo principio di autoresponsabilità per le proprie azioni; […]».

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