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L’adesione alle prescrizioni formulate in sede ispettiva non è prova di colpevolezza

La Cassazione penale ribadisce che l’esercizio dell’azione penale non deve essere condizionato dagli esiti del procedimento di sanatoria delle irregolarità riscontrate in sede ispettiva, in quanto l’adesione alla procedura amministrativa di regolarizzazione delle infrazioni non costituisce prova della sussistenza del reato.

Il caso riguarda la condanna di un datore di lavoro alla pena di € 5.100 di ammenda per non aver messo a disposizione dei dipendenti attrezzature e impianti conformi ai requisiti di sicurezza prescritti, in  violazione dell’art. 71, comma 1 del D.Lgs. 81/2008.

Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, affermando, fra l’altro, che, come dimostrato attraverso il contributo di esperti, l’assunzione di precise misure tecnologiche e organizzative, connesse alle specifiche modalità di esercizio dell’attività industriale, rendeva gli impianti conformi agli standard di sicurezza previsti dalla normativa vigente anche prima dell’accesso degli organi accertatori. Erroneamente, quindi, il Tribunale avrebbe ritenuto che l’acquiescenza alle prescrizioni di adeguamento degli impianti formulate dagli organi accertatori comportasse, per il datore di lavoro, l’implicita adesione alle contestazioni mosse. In realtà, come spiegato dall’imputato in dibattimento, pur essendo gli impianti già conformi agli standard di sicurezza previsti dalla normativa vigente egli aveva deciso, al fine di tutelare maggiormente la salute di familiari e lavoratori, di procedere volontariamente agli adeguamenti prescritti in sede ispettiva.

La Terza Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 36183 del 30 agosto 2023, ha accolto il ricorso, constatando come «Il Tribunale […] ha sostanzialmente ritenuto superfluo approfondire il tema della colpevolezza dell’imputato, in ragione del fatto che le prescrizioni impartite dai verbalizzanti erano state rispettate, ma tale circostanza non può essere ritenuta pregnante ai fini del giudizio sulla configurabilità del reato, non potendo attribuirsi all’adeguamento delle prescrizioni una sorta di valenza confessoria. La procedura amministrativa di regolarizzazione delle infrazioni, infatti, attiene a un ambito distinto da quello volto all’accertamento sulla sussistenza del reato, per cui dall’espletamento della prima non può farsi automaticamente discendere la prova della fattispecie contestata, tanto è vero che l’esercizio dell’azione penale è ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità non condizionato dagli esiti del procedimento di sanatoria delle irregolarità riscontrate in sede ispettiva […]».

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