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End of waste: la Cassazione Penale sul nuovo art. 184 ter del D.Lgs. 152/06

Un rifiuto, per cessare di essere considerato tale, deve essere sottoposto a un’operazione di recupero effettuata da un soggetto autorizzato.

A seguito della condanna alla pena di mesi quattro di arresto per violazione dell’art. 256 del D.Lgs. 152/06 a seguito dall’attività di trasporto di rifiuti non pericolosi, un imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo, fra l’altro, che il materiale trasportato sarebbe riciclabile e riutilizzabile e non corrisponderebbe a rifiuto, quanto piuttosto a “rottame o cascame di produzione”.

La Terza Sezione della Cassazione Penale, con la sentenza n. 36692 del 30 agosto 2019, ha innanzitutto preso atto del nuovo art. 184 ter del D.Lgs. 152/06, in vigore dal 18 giugno 2019, intitolato “Cessazione della qualifica di rifiuto”, che stabilisce le condizioni per potere escludere la qualifica di rifiuto: “È necessario che esso sia sottoposto ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i seguenti criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: 1) la sostanza o l’oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici; 2) sussista un mercato e una domanda del materiale recuperato; 3) la sostanza o l’oggetto soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetti la normativa e gli standards esistenti applicabili ai prodotti; 4) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non comporti impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. Le novità rispetto alla precedente disciplina consistono: 1) nella modifica della terminologia, non esistendo più le “materie prime secondarie” ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (c.d. “end of waste”); 2) nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto; 3) nel fatto che l’operazione di recupero può consistere anche solo nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni”.

Anche tenuto conto dell’evoluzione del quadro normativo, la Cassazione Penale ha confermato la condanna: “È importante sottolineare che non è venuta meno la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero, perché possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 205 del 2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. È una costante che percorre, trasversalmente, tutte le definizioni e modifiche legislative sopra riportate. L’attività di recupero, come definita dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. t) costituisce una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato. È vero che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184 ter, comma 2, estende l’operazione di recupero dei rifiuti anche al solo controllo per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicale nel comma 1, tuttavia, a prescindere dalla immediata precettività o meno di tale indicazione, si tratta pur sempre di operazione di “recupero” che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato”.

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