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Primi segnali dell'autismo: cosa fare?

Intervista alla dottoressa Francesca Onnis, Psicologa clinica -Psicoteraeputa CDI

Primi segnali dell'autismo: cosa fare?

In Italia si stima che 1 bambino su 77  presenti un disturbo dello spettro autistico con un rapporto tra maschi e femmine di quattro a uno. Questa stima nazionale è stata effettuata nell’ambito del “Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico” coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Lo spettro autistico va da casi semplici, con grande autonomia e capacità comunicativa del paziente, a casi complessi, che diventano dure prove per i familiari. L’autismo non è una malattia ma il quadro sintomatologico di un insieme di condizioni e, di conseguenza, ognuno dei bambini con autismo è un caso a sé.  Tra le diverse cause, ormai vengono ampiamente descritte le anomalie a livello neurale che riguardano in particolare le connessioni nervose, che iniziano a formarsi già nel corso della gestazione: le connessioni a lungo raggio con funzione di integrazione delle informazioni risultano insufficienti, mentre le connessioni a corto raggio dedicate a una sola funzione sono in eccesso. Questo si traduce in un irrigidimento su singole funzioni e una incapacità di integrare in modo armonico funzioni diverse. 

I primi sintomi compaiono già nei primi 18-24 mesi. I campanelli d’allarme sono i ritardi del linguaggio, la mancanza di risposta al nome quando il bambino viene chiamato, la difficoltà di attirare la sua attenzione, la presenza di comportamenti ripetitivi. Possono, inoltre, esserci, interessi insoliti verso una particolare superficie tattile oppure verso uno stimolo luminoso, con una continua ricerca di quell’esperienza. A volte invece sono bambini che presentano paure eccessive verso dei suoni specifici oppure presentano ripugnanza per dei gusti o delle superfici da toccare.

Il primo passo è consultare subito il pediatra, dopo contattare il neuropsichiatra.  Si procederà poi con dei colloqui e con una valutazione comportamentale e psicodiagnostica, effettuata dall’equipe.  Successivamente si dovranno effettuare gli approfondimenti diagnostici del caso, in quanto spesso posso presentarsi diverse comorbilità neurologiche, psichiatriche e mediche di cui è fondamentale tenere conto per l’organizzazione degli interventi (ad es. il 20% delle forme di autismo è associata a sindromi genetiche, nel 30-35% potrebbero esserci crisi epilettiche).

Le terapie che hanno maggiore evidenza scientifica sono quelle a indirizzo comportamentale: una si chiama Aba, Analisi applicata del comportamento, l’altra Denver, che parte dalle abilità del bambino per costruire il modello comportamentale. Nelle situazioni più difficili viene spesso consigliato anche un parent training, per accompagnare la famiglia in un percorso di conoscenza e comprensione del funzionamento neurodivergente del proprio figlio.

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