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Stop della Cassazione penale ai “DVR facsimile”

Anche i documenti di valutazione dei rischi redatti secondo le procedure standardizzate, sulla base dell’art 6, comma 8, lett. f) del D.Lgs. 81/2008, non possono limitarsi a descrivere in modo generico il pericolo connesso alle lavorazioni o all’ambiente di lavoro, ma devono considerare la concreta situazione dell’impresa e la casistica effettivamente verificabile.

Il titolare di uno studio odontoiatrico è stato condannato alla sanzione penale di euro 1.200 di ammenda per non aver elaborato un congruo documento di valutazione dei rischi, omettendo di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare quelli di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici in caso di gravidanza.

L’odontoiatra ha proposto ricorso per cassazione sostenendo, fra l’altro, che il giudice avrebbe omesso di considerare che, poiché il suo studio occupava un’unica lavoratrice e poiché il rischio di esposizione ad agenti chimici e biologici era basso, la valutazione dei rischi e l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione potevano essere effettuate secondo le procedure standardizzate di cui all’art 6, comma 8, lett. f) del D.Lgs. 81/2008.

La Terza Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 36538 del 27 settembre 2022, ha rigettato il ricorso, affermando che: «[…] l una adeguata valutazione del rischio deve analizzare il pericolo connesso alle lavorazioni o all’ambiente di lavoro non solo in modo generico, ma in relazione alla concreta situazione dell’impresa ed alla casistica effettivamente verificabile, […] con riguardo alle lavoratrici in stato di gravidanza il DVR contiene valutazioni «in termini del tutto generici, senza che vi sia alcun riferimento concreto alla mansione svolta dalla dipendente, senza alcuna specifica individuazione dei fattori di rischio correlati alle mansioni ed all’attività svolta» e anche le misure di prevenzione e protezione sono indicate in modo parimenti generico ed all’evidenza insoddisfacente (si parla di modifiche dei ritmi lavorativi ed eventuale mutamento delle mansioni «se richiesto dal medico competente o se obbligatorio per legge»). Tra i rischi specificamente indicati del documento compaiono – in modo del tutto incongruo rispetto all’attività svolta – «esposizione al rumore, a scuotimenti e vibrazioni, a lavori con macchina mossa a pedale», sicché il giudice di merito ha concluso per la «incompletezza del documento …non contenente la valutazione di tutti i rischi specifici…redatto in maniera “standardizzata” (un fac simile per più usi), tale da non svolgere, in alcuna misura, la funzione di spiegare i rischi specifici del lavoro e gli strumenti disposti per evitare che si possano realizzare». […]».

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