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Procedure di movimentazione dei carichi e infortuni: la parola alla Cassazione penale

Secondo la Cassazione penale l’adozione di procedure operative di movimentazione dei carichi non basta a evitare, in caso di infortunio, le responsabilità del datore di lavoro, se esse non sono formalizzate, inserite nel documento di valutazione dei rischi e spiegate ai dipendenti.

A seguito dell’infortunio di un operaio, avvenuto durante operazioni di movimentazione di carichi, un datore di lavoro è stato condannato a una pena detentiva per violazione dell’art. 590, commi 1 e 3, c. p., poi modificata dalla Corte d’Appello in una multa.

Nel caso in questione l’operaio si era recato nel magazzino dello stabilimento per prendere una latta di smalto necessaria alla produzione: una volta constatato che il prodotto di cui aveva bisogno non era sul pavimento del magazzino (ove erano state collocate le latte di smalto di uso più comune) ma sullo scaffale, ad una altezza di 130/140 cm da terra, l’operaio aveva afferrato con la mano destra il manico della latta cercando di sostenerla da sotto con la mano sinistra, ma la stessa scivolava verso destra finendo per gravare con tutto il suo peso, di circa 25 kg, sul braccio destro dell’operaio. Ne era conseguito un trauma distrattivo-contusivo della spalla destra, con prognosi superiore ai quaranta giorni e al datore di lavoro era stato contestato di aver provocato l’infortunio per colpa specifica, consistita nella violazione dell’art. 168 del D.Lgs. 81/2008, e, in particolare, per non aver adottato le misure organizzative necessarie e non aver previsto l’uso di appropriate attrezzature meccaniche al fine di evitare la movimentazione manuale dei carichi da parte dei dipendenti.

Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione criticando la sentenza per aver, fra l’altro, affermato che sarebbe stato violato l’art. 168 del D.Lgs. 81/2008, senza specificare cosa il datore di lavoro avrebbe dovuto fare, in aggiunta alle concrete misure già previste e attuate, per evitare l’evento: nel magazzino operava una cooperativa, i cui dipendenti avevano il compito di sistemare sul pavimento le latte necessarie alle lavorazioni, secondo l’ordine di produzione giornaliero e dovevano intervenire per portare a terra (utilizzando appositi muletti) le latte posizionate sugli scaffali che fossero eventualmente risultate necessarie. L’iniziativa del lavoratore sarebbe stata quindi imprudente e difforme rispetto alle procedure operative,perciò non prevedibile né evitabile da parte del datore di lavoro.

La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 44560 del 23 novembre 2022, ha rigettato il ricorso, affermando che: «[…] dall’istruttoria dibattimentale è emersa la prova dell’esistenza di una procedura regolare secondo la quale le latte avrebbero dovuto essere preventivamente poste a terra da parte della cooperativa che gestiva il magazzino e, ove la latta necessaria non fosse stata collocata sul pavimento, il lavoratore che ne aveva bisogno avrebbe dovuto chiamare un addetto dotato di muletto per prelevarla dal ripiano. Pur muovendo da questa premessa, la sentenza di appello sottolinea che, dalle deposizioni dei testi Omissis, è emersa una prassi difforme in forza della quale, se avevano fretta e non trovavano a terra le latte di cui avevano bisogno, i lavoratori le prendevano autonomamente dagli scaffali […] il datore di lavoro avrebbe dovuto istruire i lavoratori «sui rischi connessi alle attività lavorative svolte», «adottare tutte le opportune misure di sicurezza», esercitare «il controllo, continuo ed effettivo circa la concreta osservanza delle misure predisposte» così da evitarne la disapplicazione […]. dunque, l[e] condott[e] omess[e] [consistono] nell’incompleta valutazione del rischio; nella mancanza di una procedura operativa volta a prevenire la movimentazione manuale; nella mancata vigilanza sul rispetto delle misure previste (ancorché non formalizzate) […]il documento di valutazione del rischio predisposto dalla società nulla diceva riguardo alla «specifica fase lavorativa» nella quale si verificò l’infortunio. Dalle sentenze emerge, ancora, che la procedura secondo la quale le latte necessarie per la lavorazione erano collocate giorno per giorno sul pavimento del magazzino e, se i lavoratori avevano bisogno di latte diverse, collocate sugli scaffali, dovevano rivolgersi ai magazzinieri perché provvedessero alla messa a terra con l’aiuto di un mezzo meccanico, non era codificata e fu espressamente prevista solo dopo l’infortunio. […] Non rileva in contrario che [il datore di lavoro] potesse non essere informato del mancato rispetto delle procedure che erano state decise atteso che, […] tali procedure non erano state formalizzate, né inserite nel documento di valutazione del rischio, né spiegate ai dipendenti».

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