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L'utilità della Spet nella diagnosi della Malattia di Parkinson

Intervista alla dott.ssa Patrizia Gandolfo, medico nucleare CDI

La diagnosi di Malattia di Parkinson (MP) è essenzialmente clinica. E’ basata sul riscontro di sintomi e segni considerati patognomonici tra cui il tremore a riposo, la bradicinesia e la rigidità. La frequente presenza di patologie associate, neurologiche e non, rende spesso difficile la diagnosi di Malattia di Parkinson nel soggetto anziano. Per queste ragioni, si stima che la percentuale di errore diagnostico sia compresa tra il 10 e il 25%. Il tremore a riposo è presente soltanto nel 70% dei casi di MP e spesso è associato a tremore posturale o intenzionale. La bradicinesia e la rigidità non sono sempre sono apprezzabili nelle fasi iniziali della malattia.

In Medicina Nucleare la disponibilità di un radiotracciante, lo Ioflupano marcato con 123Iodio, che si lega selettivamente al trasportatore della dopamina (DAT) nello striato, permette di avere un marker biologico di degenerazione del sistema dopaminergico. L’uso della SPECT con questo tracciante è attualmente considerato un test di notevole importanza per la diagnosi di MP. E’ quindi fondamentale valutare l’accuratezza della diagnosi clinica rispetto a quella effettuata con la SPECT con ioflupane.

I risultati di numerosi studi confermano i dati di letteratura circa la reale possibilità di errore diagnostico qualora la valutazione dei pazienti con sospetta MP sia effettuata sulla base dei soli dati clinici e anamnestici. In particolare essi suggeriscono la possibilità di sovrastimare il numero dei pazienti realmente caratterizzati da una alterazione del sistema dopaminergico. Inoltre tali studi evidenziano come la possibilità di errore diagnostico clinico sia non facilmente eludibile se si tiene conto che i pazienti risultati non correttamente inquadrati possono talvolta presentare sintomi di esordio considerati patognomonici e punteggi considerati significativi alle scale di valutazione clinica.

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