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Valutazione dei rischi troppo generica: condannato il datore di lavoro

Confermata dalla Cassazione penale la condanna di un datore di lavoro per insufficienza del documento di valutazione dei rischi, troppo generico per adempiere alla sua funzione di strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione.

Il caso riguarda la condanna di un datore di lavoro per violazione degli artt. 29, comma 1, e 55, comma 1, lett. a) del, D.Lgs. 81/2008 a causa dell’inadeguatezza del documento di valutazione dei rischi relativi alla movimentazione manuale dei carichi, redatto a seguito di specifica richiesta degli organi di vigilanza.

Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione obiettando che, cercando anche di ottemperare alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza, egli aveva fatto redigere il documento di valutazione dei rischi da un geometra, con l’ausilio del medico competente, e che esso era conforme alle prescrizioni di legge, in particolare, trattandosi di azienda che occupa sino a dieci dipendenti, alle procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lett. f) del D.Lgs. 81/2008 ed alle prescrizioni previste dal medesimo decreto, e dall’allegato XXXIII, con riguardo alla movimentazione manuale dei carichi; non essendovi norme tecniche particolari da applicarsi, il documento faceva riferimento alle “buone prassi” e alle “linee-guida” definite all’art. 2, comma 1, lett. v) e z) del D.Lgs. 81/2008.

La Terza Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 12940 del 6 aprile 2021, ha però confermato la condanna, ritenendo che la genericità del contenuto del documento non consentisse  di adempiere alla sua funzione di strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione: «Il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare ed individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. […] le modalità pur semplificate di adempimento dell’obbligo di valutazione richiedono l’individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori sono sottoposti e la specificazione delle misure di prevenzione da adottarsi […]. A norma dell’art. 28, comma 2, lett. a) e b) d.lgs. 81 del 2008, il contenuto qualificante e minimo del DVR deve quantomeno contemplare «una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa» – ed i criteri di semplicità, brevità e comprensibilità che la disposizione richiama non possono andare a discapito della completezza e dell’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione – e «l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati». La sentenza impugnata, con valutazione di merito qui non sindacabile, attesta che il DVR, pur dopo le prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza per ovviare alla ancor più marcata inadeguatezza di un originario documento esibito, si limitava ad elencare del tutto genericamente i fattori di rischio concernenti la movimentazione manuale dei carichi, senza specificare gli interventi atti a ridurre od eliminare gli stessi, sì che l’adempimento normativo era privo di qualsiasi concreta portata».

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