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La pediatria di famiglia e la gestione del bambino con patologia complessa

Intervista alla dott.ssa Elena Piacentini, pediatra CDI

Il pediatra di famiglia rappresenta una guida per i bambini con patologia complessa e per le loro famiglie. Questi bambini infatti presentano condizioni croniche con coinvolgimento fisico, mentale, comportamentale, emozionale con vari livelli di complessità che richiedono continuità di cure in diversi settori sanitari e sociali.

Le malattie complesse sono costituite per l’80% da malattie genetiche, il restante 20% da infezioni, allergie, malattie a carattere degenerativo e tumori.

Le patologie croniche in età infantile

In Italia si stima che un bambino/adolescente su 200 (al di sotto dei 18 anni) sia affetto da una patologia cronica ad elevata complessità assistenziale. Se lo rapportiamo all’intera popolazione italiana, circa 850 bambini su 1 milione di abitanti presentano una condizione di disabilità complessa. Il 40% colpisce bambini nei primi due anni di vita; circa il 70% delle malattie rare insorge in età pediatrica: l’incidenza di malattie rare sulla popolazione minorile è circa il doppio (0,09%) di quella sulle persone maggiorenni (0,05%). Dal momento che generalmente sono colpiti più organi, un paziente, nell’arco della vita, ha mediamente bisogno di ricorrere ad almeno 5 diversi specialisti. Spesso quindi il genitore assume il ruolo di caregiver del bambino con necessità di abbandono del lavoro.

Il pediatra rappresenta una figura di riferimento importante per il rapporto continuativo con il bambino e la sua famiglia per individuare le più disparate esigenze e per indirizzare agli opportuni specialisti. Una carenza comunicativa tra i diversi esperti coinvolti può portare a una duplicazione degli esami e dei dati sanitari oltre che a una ridotta capacità di prendersi cura del bambino.

Per questi pazienti sono necessari interventi personalizzati (PAI) di assistenza multispecialistica, cardiologica pediatrica, chirurgica pediatrica, immunoematologica pediatrica, neuropsichiatrica infantile, riabilitativa, odontoiatrica infantile e multidisciplinare pedagogica, psicologica e assistenza sociale globale. Non dimentichiamo che questi bambini, come gli altri, hanno poi bisogno di vaccinazioni, bilanci di salute, interventi anticipati di prevenzione e prevenzione della salute orale.

La sopravvivenza in età adulta delle persone con malattie rare ad esordio pediatrico o neonatale è diventata oggi una realtà importante e ha fatto emergere la necessità di coinvolgere la medicina dell’adulto. Il passaggio dall’età pediatrica a quella adulta comporta però una serie complessa di transizioni, alcune proprie della persona e della sua famiglia, altre dell’evolversi della malattia e della trasformazione dei bisogno del paziente. La transizione determina un cambiamento degli interlocutori, che frequentemente non si trovano, poiché la medicina dell’adulto non ha acquisito adeguata esperienza nei confronti delle malattie rare.

Il case manager: chi è e perché è importante

Il case manager rappresenta in tal senso una possibile figura chiave in quanto potrebbe svolgere un ruolo importante sia negli ambulatori delle pediatrie di famiglia sia nelle pediatrie di comunità a supporto delle attività cliniche e della gestione dei percorsi per bisogni speciali, in sinergia con il pediatra di famiglia.

Purtroppo, i tempi di attesa per una visita specialistica o un esame nella sanità pubblica sono in media di 65 giorni, mentre nella sanità privata l’attesa è di circa 7 giorni per le prestazioni private, di 6 per le intramoenia e di 32 nel privato convenzionato. Emerge dunque un quadro a due velocità. Migliorare la gestione e la cura delle patologie croniche è quindi la sfida del futuro per gran parte dei sistemi sanitari internazionali. Occorre cioè uniformare a livello nazionale le regole e le modalità di erogazione dell’assistenza ai bambini con malattia cronica, semplificare la burocrazia legata all’ottenimento di assistenza, farmaci, presidi e servizi sociali, con percorsi semplificati e unificati in base al piano di cura previsto, investire sul personale infermieristico e riabilitativo pediatrico.

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