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Giornata mondiale Ipertensione

Intervista al dott. Roberto Mattioli, medico cardiologo e responsabile CDI Cernusco sul Naviglio

L’ipertensione interessa circa il 40% della popolazione. Una condizione che, pur non rappresentando in sé una vera e propria patologia, costituisce un importante fattore di rischio delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte nei paesi occidentali. Per questo è importante diagnosticarla e curarla per prevenire i danni vascolari che può provocare.

Ipertensione arteriosa: quali sono i rischi?
Gli eventi cardiovascolari (ictus, infarto miocardico, aneurisma, insufficienza cardiaca, morte improvvisa, scompenso cardiaco ed arteriopatia periferica), l’insufficienza renale, sindrome metabolica e deficit cognitivi sono gli effetti più frequenti. La relazione tra l’ipertensione e l’incidenza di complicanze cardiovascolari è evidenziata chiaramente dalle Linee Guida 2013 su diagnosi e trattamento dell’ipertensione arteriosa, redatte dalla Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa (ESH) e dalla Società Europea di Cardiologia (ESC).

Quali sono le cause dell’ipertensione?
L’ipertensione arteriosa viene classificata in primaria e secondaria. Nell’ipertensione arteriosa primaria (o essenziale), che rappresenta circa il 95% dei casi, non esiste una causa precisa identificabile: gli elevati valori pressori sono il risultato dell’alterazione di meccanismi complessi che regolano la pressione (sistema nervoso autonomo, ormoni circolanti che hanno effetto sulla pressione arteriosa). Nel restante 5% dei casi (ipertensione arteriosa secondaria), invece, l’ipertensione è la conseguenza di malattie, congenite o acquisite, che interessano i reni, le ghiandole surrenali, i vasi sanguigni, il cuore. In questi casi, l’individuazione e la cura della malattia di base può accompagnarsi alla normalizzazione dei valori pressori. A differenza dell’ipertensione arteriosa primaria, che maggiormente interessa la popolazione adulta, l’ipertensione secondaria interessa anche soggetti più giovani e spesso si caratterizza per valori di pressione più alti e più difficilmente controllabili con la terapia farmacologica.

Come riconoscere l’ipertensione? Quali sono sintomi?
L’aumento dei valori pressori non sempre si accompagna alla comparsa di sintomi, specie se avviene in modo non improvviso. L’organismo si abitua progressivamente a valori sempre più alti, e non “ manda segnali “ al paziente. Per questo, molte delle persone affette da ipertensione non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori molto elevati. Tuttavia, esistono alcuni segnali che, pur essendo aspecifici, non vanno mai sottovalutati: mal di testa, specie al mattino; senso di “stordimento” e vertigini; ronzii nelle orecchie (acufeni); alterazioni della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi); perdite di sangue dal naso (epistassi); malessere in generale e facile affaticabilità; palpitazioni ed aritmie. La carenza di sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso il paziente non si accorge di avere la pressione alta. Per questo è fondamentale controllare periodicamente la pressione: fare diagnosi precoce significa prevenire i danni ad essa legata e, quindi, malattie cardio-vascolari anche invalidanti.

Esistono fattori predisponenti a questa condizione?
L’avanzare dell’età, la famigliarità, così come il diabete. Molti fattori sono connessi con lo stile di vita: il sovrappeso e l’obesità, il fumo di sigaretta, un alterato equilibrio di sodio e potassio dovuto a cibi troppo salati. O ancora l’alcool, lo stress e la sedentarietà.

Come si arriva alla diagnosi di ipertensione?
La misurazione della pressione arteriosa viene espressa attraverso due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro. I valori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/90 mmHg – millimetri di mercurio – (limiti da non superare e che rappresentano una soglia di attenzione). Pertanto, si parla di ipertensione quando uno o entrambi i valori di pressione sono costantemente superiori alla norma. Nel soggetto giovane o con età inferiore ai 50 anni, prevale l’ipertensione diastolica (minima); con l’aumentare dell’età e nelle donne in menopausa prevale l’ipertensione sistolica (massima) o sisto-diastolica (massima-e-minima) Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa, è utile sottoporsi ad alcuni esami che permettono di capire se l’ipertensione ha già danneggiato i vasi, il cuore, i reni, aiutando il medico nella definizione del profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti e nella scelta della terapia anti-ipertensiva più adatta.

Come si arriva alla diagnosi di ipertensione?
La misurazione della pressione arteriosa viene espressa attraverso due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro. I valori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/90 mmHg – millimetri di mercurio – (limiti da non superare e che rappresentano una soglia di attenzione). Pertanto, si parla di ipertensione quando uno o entrambi i valori di pressione sono costantemente superiori alla norma. Nel soggetto giovane o con età inferiore ai 50 anni, prevale l’ipertensione diastolica (minima); con l’aumentare dell’età e nelle donne in menopausa prevale l’ipertensione sistolica (massima) o sisto-diastolica (massima-e-minima). Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa, è utile sottoporsi ad alcuni esami che permettono di capire se l’ipertensione ha già danneggiato i vasi, il cuore, i reni, aiutando il medico nella definizione del profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti e nella scelta della terapia anti-ipertensiva più adatta.

Quanto influiscono la dieta e l’attività fisica?
Il trattamento dell’ipertensione arteriosa, anche quando preveda il ricorso a farmaci, non può assolutamente prescindere, inizialmente, da cambiamenti nello stile di vita. Una dieta povera di sale (non superare l’apporto di 5 gr/giorno = un cucchiaino da caffè), l’attività fisica moderata e costante (30-40 minuti/die di camminata veloce o di cyclette), il controllo del peso corporeo (la perdita di peso, in caso di sovrappeso/obesità), l’astensione dal fumo di sigaretta, un consumo controllato di alcoolici, sono tutti atteggiamenti raccomandabili in caso di riscontro di aumentati valori pressori. Nei casi di lieve aumento della pressione arteriosa, ed in assenza di altri fattori di rischio associati (fumo, diabete, ipercolesterolemia, obesità), questi cambiamenti dello stile di vita possono essere la sola terapia prescritta dal medico, e possono essere efficaci nel normalizzare la pressione arteriosa.

Ipertensione arteriosa: e la donna?
L’infarto e l’ictus sono la causa di morte più comune nella donna. Nella donna il rischio cardiovascolare insorge circa dieci anni dopo l’uomo: una donna di 55 anni ha esattamente lo stesso rischio di un uomo di 45. L’ipertensione arteriosa sistolica in età avanzata è più frequente nella donna rispetto all’uomo. Inoltre, la donna raggiunge i massimi valori di colesterolo verso i 60 anni di età, circa 10 anni dopo l’uomo; l’obesità è molto più frequente nelle donne di mezza età o di età avanzata rispetto agli uomini coetanei. L’evoluzione delle malattie cardiovascolari è generalmente peggiore nella donna che nell’uomo. La mortalità globale per conseguenze di ipertensione arteriosa nella donna è inferiore rispetto all’uomo, ma la disabilità conseguente al danno subito (es. ictus) è notevolmente maggiore nella donna. Ecco perché è importante che la donna si sottoponga precocemente (prima della menopausa) a controlli medici e dei valori pressori. Una volta che affronta il lungo periodo menopausale, dovrà porre molta attenzione al controllo pressorio, alla dieta, ed ad uno stile di vita adeguato per ridurre quello che è un personale rischio maggiore di eventi cardiovascolari.

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