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La Cassazione penale ribadisce il dovere di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi

Condannato un RSPP per omicidio colposo: non aveva richiamato nel nuovo documento di valutazione dei rischi le prescrizioni di messa a norma di un parapetto, che poi ha ceduto provocando la caduta della vittima.

Il caso riguarda la condanna per omicidio colposo del legale rappresentante e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione di una società che aveva in affitto e gestiva un albergo, nel quale un turista era deceduto a seguito di una caduta per cedimento del parapetto del terrazzino della stanza in cui alloggiava. Al legale rappresentante era stato contestato di non avere sollecitato la società proprietaria dell’immobile a eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria per mettere in sicurezza i parapetti delle stanze del secondo piano della struttura, tra le quali vi era quella occupata dalla vittima, e di non aver disposto la manutenzione ordinaria degli stessi, né supervisionato adeguatamente tale manutenzione; al secondo, di non aver individuato, nell’ultimo documento di valutazione dei rischi del 2013, il rischio di caduta nel vuoto dal terrazzino della camera occupata dalla vittima, rischio presente sia per il modo in cui il parapetto era realizzato, sia per lo stato degli ancoraggi al muro, e per non aver prescritto né segnalato la necessità di intervenire su tale parapetto.

Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, basato fra l’altro, per quanto riguarda il RSPP, sul fatto che nel suo documento di valutazione dei rischi del 2007 era contenuta una specifica segnalazione del pericolo di caduta da quel terrazzino, non reiterata nel documento di valutazione dei rischi del 2013, ma che erano imminenti lavori globali di ristrutturazione che dimostravano la consapevolezza del problema da parte della società di gestione dell’albergo.

La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 24822 del 25 giugno 2021, ha però rigettato il ricorso, affermando che: «[non] può fondatamente dubitarsi che l’omissione colposa (correlata al potere-dovere di segnalazione in capo al RSPP) finisce con interferire con la determinazione di attivarsi da parte dei soggetti chiamati a intervenire operativamente attraverso le relative scelte gestionali: con la conseguenza, quindi, che, qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro a omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, egli dovrebbe essere chiamato a rispondere insieme a questi in virtù del combinato disposto dell’art. 113 e 41, c. 1, cod. pen., dell’evento dannoso derivatone […] La violazione di tali obblighi, quindi, va valutata con riferimento alla situazione esistente al momento dell’evento mortale verificatosi, rispetto al quale, in maniera del tutto coerente con i summenzionati principi, i giudici di merito hanno ritenuto il collegamento causale tra la mancata riproposizione della indicazione del perdurante rischio specifico nel nuovo DVR a prescindere dalla consapevolezza già ingenerata nel proprio committente, non potendosi attribuire la stessa valenza informativa a un DVR risalente […]»..

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