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Il linfedema

Cos’è, come si diagnostica e come si cura.
Intervista ai Dott. Giuseppe Corsi, chirurgo vascolare CDI e alla dott.ssa Giuseppina Di Stefano, fisiatra, coordinatore Fisioterapia CDI

Il linfedema

Il linfedema è la malattia che colpisce linfa e sistema linfatico. Ma cos’è la linfa e cos’è il sistema linfatico?

La linfa è un fluido incolore o lievemente citrino, limpido o parzialmente opalescente,  molto simile al plasma sanguigno: scorre nei vasi linfatici e trasporta linfociti e altri globuli bianchi, oltre che scorie e detriti cellulari insieme con batteri e alte quantità di proteine.

Ma da dove origina la linfa? Il sangue non viene a contatto diretto con le cellule degli organi e dei tessuti dell’organismo, ma filtra attraverso la parete dei vasi sanguigni e diventa fluido interstiziale: è questo che viene a contatto con le cellule di organi e tessuti per fornire sostanze nutrienti e ossigeno. La linfa è il liquido che si forma quando il fluido interstiziale entra nei vasi linfatici e viene spostata lungo questa rete vasale mediante contrazioni intrinseche o per via della compressione estrinseca dei vasi linfatici operata dai tessuti esterni (ad esempio, le contrazioni dei muscoli scheletrici). Questi collettori giungono e si dipartono dai linfonodi (circa 500-600 nella specie umana) disposti a gruppi o catene: il linfonodo è una raccolta organizzata di tessuto linfoide, che ha il compito di filtrare la linfa e immagazzinare leucociti per combattere infezioni e malattie, quindi rilasciarla in un vaso efferente, fino alla confluenza nella vena succlavia alla base del collo.

Cosa accade quando questo organizzatissimo sistema di drenaggio si ammala?

Il cattivo funzionamento o l’interruzione del sistema linfatico comporta l’incapacità di far defluire correttamente i liquidi dalla periferia al sistema venoso centrale: i fluidi interstiziali andranno progressivamente ad accumularsi perifericamente causando il caratteristico gonfiore chiamato “linfedema”.

ll linfedema è una patologia abbastanza diffusa, anche perché oggi sono molto frequenti alcuni trattamenti terapeutici chirurgici e radiologici che annoverano tra i propri effetti collaterali questa condizione. Circa una persona su 20 ne è affetta, 300 milioni di persone in tutto il mondo. In Italia si stima una incidenza di 40 mila nuovi casi l’anno, soprattutto in donne fra i 30 e 40 anni.

Il linfedema può essere eziologicamente di tipo primario o secondario: primario, quando si riconosce una causa di ipoplasia o aplasia del sistema linfatico, e secondario, quando è presente una ostruzione o distruzione dei vasi linfatici secondaria ad altra patologia.

  • LINFEDEMA PRIMARIO

Il linfedema primario è la causa meno frequente di linfedema, si presenta in soggetti di età variabile ed è ereditario, con caratteristiche fenotipiche diverse.

  1. Linfedema congenito. Compare entro i 2 anni di età ed è dovuto esclusivamente ad aplasia o ipoplasia (mancato o ridotto sviluppo) genetica del sistema linfatico. Tipica la malattia di Milroy.
  2. Linfedema precoce. Compare fra i 2 e i 35 anni, tipico nelle donne in fase di menarca o inizio gravidanza.
  3. Malattia di Meige. Compare precocemente ed è geneticamente familiare, trasmesso in modalità autosomica dominante.
  4. Linfedema tardivo. Compare dopo i 35 anni, sono forme familiari sporadiche a base genetica sconosciuta e presentano quadri meno gravi del linfedema precoce.
  5. Forme associate ad altre sindromi genetiche. Ritroviamo linfedemi prominenti nella sindrome di Turner, nella sindrome di Hennekam e nella sindrome delle unghie gialle.
  • LINFEDEMA SECONDARIO

Il linfedema secondario è successivo ad una ostruzione o distruzione dei vasi linfatici ed è in assoluto la causa più frequente della malattia.

  1. Chirurgia demolitiva: in particolar modo per rimozione dei linfonodi nell’ambito del trattamento di carcinomi
    1. Radioterapia: specialmente a livello ascellare o inguinale
    1. Ostruzione del sistema linfatico per invasione diretta da parte della neoformazione
    1. Traumi tali da provocare un danno o una distruzione del sistema linfatico
    1. Filariosi linfatica, parassitosi rarissima alle nostre latitudini, ma molto frequente nei Paesi in via di sviluppo
    1. Insufficienza venosa cronica arti inferiori: può condurre nel tempo a trasudazione di linfa nell’interstizio con genesi di un linfedema di grado moderato-lieve.

Si deve sottolineare come, nonostante l’enorme progresso degli ultimi anni riguardo le tecniche chirurgiche oncologiche e radioterapiche, il linfedema rimanga una complicanza particolarmente frequente. I tumori che con più frequenza danno linfedema sono: mammella, utero, ovaio, prostata, linfoma, melanoma.

Nelle donne operate di tumore al seno,  si stima che svilupperà linfedema, negli anni successivi, il 25% di quelle sottoposte ad intervento chirurgico di dissezione dei linfonodi ascellari ed il 5% di quelle e a cui è stato asportato esclusivamente il linfonodo sentinella.

Nei pazienti sottoposti ad intervento di dissezione dei linfonodi inguinali, pelvici ed addominali (ad esempio per carcinomi dell’apparato urinario o ginecologici) il 40% svilupperà linfedema; se oltre all’asportazione dei linfonodi si rende necessario effettuare un trattamento radioterapico, la probabilità di sviluppare linfedema aumenta in modo esponenziale.

La sintomatologia

Il linfedema è caratterizzato dalla presenza di edema, ovvero gonfiore, che può interessare uno o più arti (braccia e gambe), anche se in genere è monolaterale.

La gravità dell’edema si classifica in stadi in base alle caratteristiche dello stesso secondo l’International Society of Lymphology:

  1. Stadio 0 “sub-clinico” o “latente”: non viene osservato alcun incremento di volume nonostante il trasporto linfatico sia già alterato. In questa fase non vi sono segni clinici di linfedema e generalmente i pazienti sono asintomatici
  2. Stadio 1 “reversibile”: presenza di edema improntabile* (fovea) e la zona interessata spesso ritorna normale al mattino dopo riposo notturno
  3. Stadio 2 “spontaneamente irreversibile”: presenza di edema non improntabile con un’infiammazione cronica che genera fibrosi dei tessuti
  4. Stadio 3 “irreversibile”: edema non improntabile e di consistenza duro lignea per via della fibrosi irreversibile dei tessuti molli.

*Improntabile: area positiva al segno della fovea che indica la formazione, in seguito alla pressione con un dito (impronta), di una fossetta o di una depressione transitoria. È indicativo di tessuto edematoso di recente insorgenza e generalmente di stasi venosa.

Il quadro linfoedematoso tende in genere ad aggravarsi in estate, prima dell’arrivo della mestruazione o mantenendo per molto tempo l’arto in posizione declive (posizione in piedi e seduta).

Il paziente riferisce una sensazione di pesantezza, gonfiore, tensione della pelle, senso di bruciore, fastidio, facile affaticamento degli arti interessati e in qualche caso di prurito e dolore a tutto il segmento di arto interessato, sintomi tanto più importanti quanto più esteso è il linfedema.

L’edema può causare impaccio al normale movimento dell’arto interessato, fino ad una compromissione significativa della funzionalità quando sia coinvolta anche una zona peri-articolare.

Ragguardevole è il coinvolgimento emotivo e di relazione per la disabilità da linfedema, ancor più se derivante da trattamento medico o chirurgico per patologie oncologiche.

Localmente si possono avere nel tempo frequenti alterazioni del trofismo cutaneo: ipercheratosi (ispessimento dell’epidermide), iperpigmentazione (scurimento della cute omogeneo o a chiazze), aumento delle pieghe cutanee e depositi di tessuto adiposo, verruche, papillomi ed infezioni fungine. Più raramente l’arto edematoso può assumere dimensioni talmente grandi, assumendo una forma a colonna per progressiva scomparsa della naturale forma e definizione, e con una ipercheratosi estremamente grave fino ad avere l’aspetto di zampa di elefante (elefantiasi): questa forma è maggiormente presente nei linfedemi da filariosi.

Le complicanze

La complicanza più frequente in un arto linfedematoso è la linfangite. E’ la reazione infiammatoria secondaria ad una infezione batterica, che riconosce la porta di entrata da micro-lesioni cutanee sia a livello delle pieghe delle dita, dalla macerazione delle pieghe cutanee o da piccole ferite, spesso causate da grattamento per la sensazione di prurito. L’infezione riconosce sia agenti batterici (streptococchi e stafilococchi) sia agenti fungini. L’arto interessato è francamente dolente ed appare caldo ed eritematoso (arrossato): si possono apprezzare delle strie di colore rosso vivo (strie linfangitiche) che risalgono dalla porta d‘entrata dell’infezione verso la prossimalità dell’arto e spesso si associa una linfo-adenopatia, con ingrossamento più frequentemente dei linfonodi inguinali e ascellari. In questi casi si parla di erisipela. Se il trattamento non è sollecito e adeguato si possono avere delle flittene (bolle cutanee ripiene di siero) fino a delle vere e proprie ulcerazioni.

Solo in casi eccezionali un linfedema severo di vecchia data può degenerare in linfangiosarcoma (sindrome di Stewart-Treves) e colpisce quasi esclusivamente pazienti con filariosi.

La diagnosi

La diagnosi clinica è la più frequente nei casi di linfedema primario, data la facile riconoscibilità all’esame obiettivo del quadro clinico, caratterizzato dall’edema dei tessuti molli in tutto il corpo e sulla base anamnestica familiare. Il passo successivo è la ricerca laboratoristica delle mutazioni genetiche: mutazione del recettore del fattore di crescita endoteliale vascolare (Vascular Endothelial Growth FactoR, VEGFR-3) nella malattia di Milroy; mutazioni del gene FOXC2 nella malattia di Meige e altre mutazioni specifiche per le sindromi di Turner, Hennekam, ecc.

La diagnosi nel linfedema secondario si affida sempre, all’inizio, ad una valutazione clinica ed alla raccolta anamnestica, per conoscere se siano già presenti una diagnosi e una eziologia evidenti. Successivamente si ricorre ad una serie di indagini specifiche per localizzare le sedi di ostruzione linfatica.

Concludendo: la diagnosi di linfedema nella stragrande maggioranza dei casi è una diagnosi clinica, basata generalmente su segni e sintomi e su una accurata raccolta anamnestica. All’esame obiettivo, diagnosi differenziale va posta con il flebedema (edema da stasi venosa): nella flebostasi l’edema è prevalentemente di consistenza molle con segno della fovea positivo, la valutazione della plicabilità permette di sollevare i tessuti molli superficiali in pliche, tendenzialmente la posizione in clinostatismo tende a ridurre l’edema. Nel linfedema abbiamo un segno della fovea negativo (edema duro) con accumuli localizzati di cellulite (talvolta molto dolente alla palpazione anche superficiale), ipercheratosi con scarsa plicabilità cutanea, spesso il tempo trascorso in clinostatismo non riduce l’edema. Ovviamente vi possono essere problemi di identificazione della patologia relativa soprattutto all’inizio dell’insorgenza dove le varie differenze sono molto lievi, ma a questo punto una anamnesi attenta può essere discriminate.  Una storia clinica di patologia oncologica può essere discriminante, ancor più l’insorgenza di un linfedema a distanza di un trattamento oncologico è suggestiva di una ripresa della malattia.

Completamento dell’esame obiettivo deve essere un’accurata misurazione dell’arto linfedematoso. Oggi fa parte della storia della medicina il water displacement, che prevedeval’immersione dell’arto in una vasca graduata piena d’acqua per la misurazione del volume in funzione del liquido spostato. La semplice misurazione centimetrica delle circonferenze dell’arto è sicuramente la metodica più semplice, immediata. poco costosa e facilmente ripetibile.

Il trattamento

Obiettivo delle terapie è di aiutare il malato a continuare la propria vita sociale e lavorativa, mantenendo una normale motilità e funzionalità dell’arto o degli arti interessati, dominando il dolore e superando le difficoltà psicologiche di relazione sociale.

  • Chirurgico

Nella stragrande maggioranza dei casi il trattamento del linfedema è di tipo conservativo. Solo in casi rari e molto selezionati si eseguono interventi chirurgici in micro-chirurgia di anastomosi linfo-venose e trapianto di linfonodi. Questi interventi sono particolarmente indaginosi ed i risultati a distanza appaiono abbastanza controversi.

L’intervento di liposuzione, invece, appare necessario quando l’accumulo sottocutaneo di tessuto adiposo diventa un ostacolo alla funzionalità dell’atto.

  • Sintomatico: le misure preventive:
  1. Igiene dell’arto (cura estrema della cute e delle unghie)
  2. Uso di creme o olii per mantenere la cute ben  idratata
  3. Usare particolare attenzione nel trattamento di taglietti o screpolature della pelle per prevenire le infezioni
  4. Mantenere ben asciutte le plicature cutanee e gli spazi interdigitali di mani e piedi per evitare macerazione dei tessuti e quindi infezioni
  5. Evitare detergenti particolarmente aggressivi
  6. Evitare sforzi fisici eccessivi, abiti stretti, indumenti che possano creare situazioni di “laccio”come calze con elastici stretti o ginocchiere, gioielli come bracciali o orologi stretti
  7. Se si effettuano lavori con rischio di lesioni (giardinaggio, cucina, cucito,…) indossare sempre guanti e/o calzature adeguate
  8. Evitare di applicare il bracciale della pressione sull’arto linfedematoso
  9. Evitare puntura di aghi per prelievi o infusioni endovenose sull’arto malato
  10. Evitare la vicinanza con fonti di calore
  11. Cambiare posizione seduta dopo non più di 30 minuti
  12. Evitare di portare pesi (anche la borsetta)sul braccio affetto da lifedema
  13. Evitare di mantenere per lungo tempo la posizione seduta con gli arti accavallati
  14. Evitare i movimenti e le posizioni che possano aumentare l’accumulo di liquidi distalmente (roteare o oscillare l’arto velocemente, lasciarlo libero di cadere)
  15. Evitare l’aumento di peso

Trattamenti medici

  1. Contenzione elasto-compressiva
  2. Drenaggio linfatico manuale
  3. Drenaggio linfatico pneumatico intermittente (pressoterapia)
  4. Bendaggi multi strato
  5. Fisioterapia
  6. Supporto psicologico (per far superare al malato il disagio fisico-sociale-relazionale, specie nei pazienti giovani o oncologici)
  7. Terapia farmacologica preventiva
  8. Cumarina
  9. Bioflavonoidi (quercetina, rutina, tarassaco, diosmina,…)
  10. Corticosteroidi
  11. Antibiotici
  12. Terapia delle complicanze (linfangite)
  13. Antibiotici (solitamente efficaci su streptococco e stafilococco)
  14. Eparina a basso peso molecolare per evitare le flebiti da invasione microbica del sistema venoso
  15. Applicazione locale di creme a contenuto antibiotico e cortisonico
  16. Bendaggi compressivi elasto-adesivi con bende all’ossido di zinco o ittiolate.
La prognosi

Una guarigione definitiva del linfedema conclamato è difficile e abbastanza rara. Lo sforzo massimo che si richiede sia al paziente che ai medici e terapisti che lo seguono è di concentrarsi sulle misure preventive per ridurre al minimo i rischi di complicanze e di seguire accurati protocolli di fisioterapia e farmacologici per arrestare o ridurre significativamente la progressione della malattia. Protocolli che prevedono controlli periodici medici con lo specialista angiologo e fisiatra, trattamenti mirati periodici con fisioterapisti appositamente preparati, una diagnostica accurata e possibilmente poco invasiva per il monitoraggio delle evoluzioni, la compliance alle terapie mediche e alle abitudini di vita.

Il trattamento riabilitativo del linfedema

Il sintomo predominante è il gonfiore con conseguente sensazione di pesantezza, tensione, insensibilità. Inoltre si riscontrano dolore, prurito, facile affaticamento degli arti interessati, diminuzione della normale mobilità di questi, modificazioni e alterazioni del colore della cute. 

Per migliorare i sintomi del linfedema è raccomandato un intervento riabilitativo precoce e mirato in modo da prevenire l’insorgenza e/o l’aggravamento delle complicanze anatomo-funzionali successive all’intervento chirurgico.

La terapia cardine nel trattamento del linfedema è il linfodrenaggio manuale con o senza bendaggio funzionale.

Il Linfodrenaggio manuale secondo il Dr. Vodder rappresenta la terapia d’elezione nell’approccio fisioterapico di Linfedemi primari e secondari.

E’  una tecnica fisioterapica che favorisce il drenaggio della linfa attraverso la ritmicità del movimento e la leggerezza, quasi sfiorante, delle mani dell’operatore. Ogni seduta inizia e termina con alcuni esercizi di respirazione e dura circa un’ora. Il terapista comincia dalle zone non interessate dal linfedema per poi passare all’arto oggetto della seduta, sempre attraverso la ritmicità e la leggerezza della tecnica manuale.

Il trattamento ha lo scopo di ridurre il volume dell’arto interessato e migliorarne la funzionalità, alleviare i sintomi, prevenire l’ulteriore ristagno di linfa e l’insorgenza di infezioni.

Al trattamento manuale si può associare il bendaggio multistrato.

Il bendaggio dell’edema è un altro procedimento che consiste nell’applicare un bendaggio grazie al quale aumentare la velocità di circolazione della linfa e del sangue riducendo così l’edema.

Le bende utilizzate sono elastiche e la memoria dell’elastico mantiene una pressione costante quando a riposo ma favorirà l’espansione muscolare a lavoro.

Il bendaggio multistrato permette di fissare un bendaggio senza usare  bende adesive, sostenendo una compressione ottimale dell’arto.
Prevede l’applicazione di diversi strati di bende in base alla terapia più idonea per il paziente, fino ad arrivare a 4 strati. Grazie ai diversi strati è possibile inoltre assorbire una maggior quantità di sudore permettendo il mantenimento del bendaggio per un lungo periodo prima di doverlo cambiare.

Solitamente un tipico bendaggio multistrato viene effettuato applicando come primo strato una protezione per la cute. Sopra questo viene inserito del materiale da sottobendaggio ed infine, nei rimanenti strati, viene applicata la benda elastica.

Obiettivo della riabilitazione è quello di favorire il recupero delle attività della vita quotidiana dopo l’intervento chirurgico, prevenire e trattare gli esiti derivanti dai diversi trattamenti, promuovere la qualità di vita della paziente.

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