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La Cassazione penale sugli obblighi di vigilanza del committente

La Cassazione penale conferma: il committente deve affidare i lavori a imprese competenti che forniscano idonee garanzie sull’inquadramento dei lavoratori e sull’esecuzione dell’attività; in caso contrario risponde anche degli infortuni derivanti da mancata sorveglianza sanitaria e da carenza di formazione e informazione.

La Cassazione penale sugli obblighi di vigilanza del committente

I titolari di un’impresa committente che aveva subappaltato alcuni lavori edili in un cantiere sono stati condannati per il reato di omicidio colposo, aggravato per la violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, a seguito della morte di un lavoratore di un’impresa appaltatrice, deceduto per ischemia cardiaca acuta a causa dello sforzo fisico sostenuto durante l’attività lavorativa.

Ai committenti era stata contestata dal Tribunale e dalla Corte di Appello la colpa consistente nell’avere omesso di sottoporre il lavoratore agli accertamenti sanitari previsti dalla legge, nell’averlo adibito ad un’attività del tutto incompatibile con le patologie sofferte e nell’aver omesso di fornirgli un’adeguata formazione e informazione sui rischi derivanti dall’attività lavorativa cui era adibito. Gli imprenditori hanno quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando, fra l’altro, di non avere alcuna una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore deceduto, essendo questi dipendente di un’altra impresa.

La Quarta Sezione della Cassazione Penale, con sentenza n. 14281 del 2 aprile 2019, ha però confermato la condanna, in quanto i subappaltatori avevano l’obbligo di assicurarsi “che gli operai utilizzati (o meglio, procurati) dal subappaltatore fossero quantomeno nelle condizioni minime per svolgere il lavoro loro demandato. Sotto questo profilo, la sentenza di merito ha accertato, in maniera congrua e logica, che si trattava di lavoratori assunti ‘a giornata’ [e] ha plausibilmente ricondotto l’attività [di reclutamento dei lavoratori] in quella del c.d. ‘caporalato’ (impiego di manodopera assunta dall’appaltatore ma di fatto operante alle dipendenze del committente), punibile ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 276/2003, ed idonea a realizzare la posizione di garanzia in capo ai prevenuti proprio per la loro posizione di committenti subappaltanti, che imponeva loro di verificare che l’attività fosse svolta in maniera da tutelare i soggetti chiamati ad eseguirla”.

Inoltre, conclude la Cassazione, “la responsabilità dell’appaltante titolare di impresa edile esecutrice dei lavori può essere esclusa solo in presenza di affidamento ad impresa competente e che fornisca ogni garanzia in ordine all’arruolamento dei lavoratori ed all’esecuzione dell’attività, condizioni la cui insussistenza era ben nota [nel caso specifico]”.

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