Approfondimenti

L'Emocromatosi Ereditaria (EE)
L'Emocromatosi Ereditaria (EE)

L’emocromatosi ereditaria (EE) è la malattia genetica più comune nella popolazione caucasica, dal momento che colpisce circa 1 individuo ogni 200.

In questa patologia vi è un’alterazione del metabolismo del ferro caratterizzata da un aumentato assorbimento intestinale e da un progressivo deposito eccessivo del ferro nelle cellule parenchimali del fegato, del cuore, del pancreas e di altri organi, che se non trattato provoca danni irreversibili ai vari organi.

I sintomi clinici, ad insorgenza tardiva, includono cirrosi epatica, diabete, cardiopatia, ipogonadismo, artrite e suscettibilità all’epatocarcinoma.

La diagnosi di EE

Attualmente, la diagnosi di emocromatosi ereditaria si basa sull’esecuzione di test di primo livello (ossia test biochimici come saturazione della transferrina e ferritina sierica) e di secondo livello (ossia test genetici come l’analisi molecolare del gene HFE o degli altri geni).

La saturazione della transferrina rappresenta il test di laboratorio più sensibile, essendo infatti il primo parametro ad alterarsi, per valutare l’accumulo di ferro nell’organismo: in base ai dati disponibili in letteratura il cut-off prescelto è 45%. La triade caratterizzata dall’incremento del ferro e della ferritina sierici e dall’aumento della saturazione della transferrina si riferisce all’emocromatosi classica.

Analisi genetica per l’identificazione della EE e trattamenti

Il gene responsabile della malattia, detto HFE, codifica per una proteina fondamentale nella regolazione dell’assorbimento del ferro.

La EE è una delle poche malattie genetiche che si avvale di trattamenti efficaci che, qualora istituiti tempestivamente, permettono di rimuovere il ferro in eccesso e di prevenire tutte le complicanze.

Un importante obiettivo è quindi quello di identificare i soggetti affetti prima che sviluppino i danni tissutali correlati all’azione lesiva del ferro.

È importante sottolineare che i pazienti che iniziano la salassoterapia e/o la terapia ferrochelante prima dell’instaurazione di danni d’organo irreversibili hanno una aspettativa di vita paragonabile alla popolazione generale.

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