News

La Cassazione Civile ribadisce: gli indumenti da lavoro che proteggono dai rischi devono essere qualificati come D.P.I.

Secondo la Corte di Cassazione Civile è dispositivo di protezione individuale qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore.

Un operatore ecologico ha chiesto al suo datore di lavoro il risarcimento dei danni causati dal mancato adempimento all’obbligo di lavaggio e manutenzione dagli indumenti da lavoro, da qualificarsi come dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) poiché, nel caso specifico, essi svolgevano funzione di barriera rispetto alle sostanze nocive e agli agenti patogeni presenti nei rifiuti.

Il Tribunale ha accolto la richiesta del lavoratore ma, successivamente, la Corte d’Appello ha ribaltato le conclusioni della sentenza di primo grado, ritenendo che fossero qualificabili come dispositivi dì protezione individuale solo quelli aventi la funzionalità tipica di protezione dai rischi per la salute e la sicurezza e che rispondessero ai requisiti normativamente dettati per la relativa realizzazione e commercializzazione.

La Sezione Lavoro della Cassazione Civile, con sentenza del 21 giugno 2019, n. 16749, ha però dato ragione al lavoratore, ritenendo che l’interpretazione dalla Corte d’Appello, volta a far coincidere i D.P.I. con le attrezzature formalmente qualificate come tali in ragione della conformità a specifiche caratteristiche tecniche di realizzazione e commercializzazione, non tenesse adeguatamente conto del tenore letterale delle disposizioni richiamate e, soprattutto, della loro finalità di tutela della salute quale diritto fondamentale (art. 32 Cost.), formulando il seguente principio: “la nozione legale di Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.) non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, va riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con l’art. 2087 cod. civ., norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e malattie professionali, suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale dei diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro. Nella medesima ottica il datore di lavoro è tenuto a fornire i suddetti indumenti ai dipendenti e a garantirne l’idoneità a prevenire l’insorgenza e il diffondersi di infezioni provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie “per la sicurezza e la salute dei lavoratori” che il datore di lavoro è tenuto ad adottare ai sensi dell’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 626 del 1994 e degli artt. 15 e ss. del d.lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i. “.

Iscriviti alla newsletter di CDI

Tieniti informato su prevenzione, analisi e cura. Ricevi tutti gli aggiornamenti di CDI via mail, iscriviti alla newsletter.

Ti abbiamo inviato una mail per convalidare la registrazione.

Controlla la tua casella di posta.

Si è verificato un errore durante la registrazione alla newsletter, si prega di riprovare.