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Cassazione civile: l’infarto durante un viaggio di lavoro all'estero è infortunio in itinere

Secondo la Cassazione civile l’infarto è infortunio sul lavoro quando è collegato a un fattore lavorativo, anche nel caso di contributo di altri di fattori preesistenti o contestuali di origine diversa e interna, e anche nel caso di infortunio in itinere durante un viaggio di lavoro.

Il caso riguarda il decesso di un lavoratore durante un viaggio di lavoro, nel corso del quale questi, a seguito della cancellazione di un volo aereo, per maltempo, dapprima aveva affrontato una lunga attesa in aeroporto, poi un pernottamento di fortuna, quindi un viaggio in treno di oltre 700 km, per raggiungere la sede di partecipazione a una riunione, con una veglia di quasi 24 ore consecutive. All’esito di tali eventi, veniva trovato morto nella camera d’albergo. Gli eredi del lavoratore avevano quindi fatto domanda di rendita ex art. 85 del D.P.R. 1124/1965, ritenendo sussistente il collegamento causale dell’evento mortale con l’occasione di lavoro sulla base dell’art. 2, comma 3 dello stesso Decreto, secondo il quale “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, e “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”. La domanda è stata, però, rigettata dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, ritenendo che l’evento denunciato non fosse collegato alla prestazione lavorativa in sé, ma derivasse dalla esposizione ad un rischio generico (cancellazione del volo per maltempo e quanto poi ne era conseguito) cui possono essere esposti, in modo indifferenziato, tutti coloro che viaggiano in aereo. Inoltre, per la Corte d’Appello, l’arresto non poteva dirsi in rapporto di derivazione eziologica con l’attività di lavoro, mera occasione e non causa della morte.

Gli eredi hanno proposto ricorso per cassazione sostenendo, fra l’altro, che la Corte d’Appello avesse erroneamente escluso la natura infortunistica dell’evento senza considerare che alla nozione di infortunio in itinere vanno ricondotti tutti gli eventi determinati da rischi a cui è sottoposta la genericità dei viaggiatori e, inoltre, avesse errato nel non considerare infortunio sul lavoro l’infarto di un lavoratore non addetto a mansioni comportanti sforzo fisico in quanto asseritamente non provocato da una “causa violenta”, come richiesto dalla definizione di infortunio contenuta all’art. 2, comma 1 del D.P.R. 1124/1965.

La Sezione Lavoro della Cassazione civile, con sentenza n. 5814 del22 febbraio 2022, ha dato ragione agli eredi, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello e affermando che: «[l’art. 2, comma 3 del D.P.R. 1124/1965] tutela […]il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella tipica “legata al c.d. percorso normale” […]. Ne consegue, alla stregua dell’anzidetta interpretazione, che la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. “percorso normale” e l’attività lavorativa è sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica. […] Neppure è condivisibile la pronuncia nella parte in cui esclude la deduzione -e la prova- di una “causa violenta”. La statuizione non considera, infatti, che, nella fattispecie, viene in rilievo, quale dedotta causa della morte del de cuius, l’infarto acuto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è da inquadrare, ex se, nell’ambito della causa violenta. La Corte, da tempo risalente, riconosce che “in caso di infarto, il carattere violento della causa va individuato nella natura stessa dell’infarto, dove si ha una rottura dell’equilibrio dell’organismo del lavoratore concentrata in una minima frazione temporale” (Cass. n. 13982 del 2000; Cass. n. 14085 del 2000). L’infarto, dunque, configura infortunio sul lavoro (Cass. n. 14085 del 2000 cit.; Cass. n. 17676 del 2007 e numerose altre) quando è eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo. La connessione non è peraltro esclusa dal contributo causale di fattori preesistenti o contestuali; sussiste, cioè, anche nel concorso di altre cause, ove pure queste abbiano origine diversa e interna”.

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