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Anche il lavoratore investito da un muletto deve provare la nocività dell’ambiente di lavoro

La Cassazione civile conferma: le lesioni riportate dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determinano, di per sé, responsabilità a carico del datore di lavoro.

Il caso riguarda la richiesta di un lavoratore volta ad ottenere il risarcimento del danno differenziale relativo a un infortunio occorsogli in data 31 marzo 1999, quando era stato investito da un muletto aziendale mentre si trovava all’interno del terreno di pertinenza della società. Sia in primo che in secondo grado la richiesta era stata respinta, escludendo che fosse stata dimostrata la violazione degli obblighi di protezione che gravano sul datore di lavoro.

Il lavoratore ha quindi proposto ricorso per cassazione contestando, fra l’altro, la non corretta applicazione dell’art. 2087 c.c., che obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le cautele necessarie per tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.

La Sezione Lavoro della Cassazione civile, con sentenza n. 16796 del 6 agosto 2020, ha respinto il ricorso del lavoratore, affermando che «ai fini dell’accertamento della responsabilità datoriale, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo. È’ evidente […] in base alla giurisprudenza di questa Corte, che la mera circostanza di lesioni riportate dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determina, di per sé, l’addebito delle conseguenze dannose al datore di lavoro, occorrendo la prova, tra l’altro, della nocività dell’ambiente di lavoro, prova che la Corte, con accertamento di merito, incensurabile in sede di legittimità, ha categoricamente escluso».

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