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Infezione pneumococcica e vaccinazione

Dati acclarati sul rapporto rischio/beneficio del vaccino e sulla sua efficacia hanno consentito di inserire la raccomandazione nelle linee guida ministeriali della vaccinazione offerta ai bambini nel primo anno di vita e agli over 65 oltre che a una lunga lista di pazienti con particolari comorbidità. Intervista al dott. Stefano Spagnotto, pneumologo CDI

Lo pneumococco (staphylococcus pneumoniae) è un germe fra gli agenti più frequenti delle polmoniti e delle infezioni broncopolmonari e del tratto respiratorio superiore (naso, gola, seni paranasali ed orecchio). Riveste notevole importanza perché, oltre ad essere l’attore di queste affezioni “relativamente comuni”, ha anche la possibilità di esprimere dei ceppi particolarmente virulenti o aggressivi che diventano responsabili della cosiddetta malattia pneumococcica invasiva di ben altra entità a livello clinico rispetto alla polmonite semplice. 

In concreto parliamo di polmoniti disseminate, ma anche di otiti interne, o sinusiti, addirittura meningiti o della possibilità di polmoniti associate a stato settico (passaggio dello pneumococco nel sangue come infezione sistemica e con danno multiorgano) oltre che ad altre complicazioni polmonari come versamenti pleurici, empiemi, ascessi.

Come agisce lo pneumococco

Per le caratteristiche legate alla sua capsula (il suo rivestimento) si contano circa 90 sierotipi e 40 sottogruppi; diciamo una genealogia complessa ricca di rami collaterali. Molti esponenti di questa famiglia se ne stanno tranquilli colonizzando fin dove possono il naso e le vie aeree superiori e si trasmettono nella comunità con le goccioline di aerosol (droplets). Tuttavia in mezzo a questa moltitudine relativamente innocua, ci sono elementi aggressivi o altri che si approfittano di spazi poco difesi dalle scarse risorse immunitarie di soggetti più fragili.

Dagli studi emerge che attualmente i danni maggiori sono attribuibili ad un ridotto numero di ceppi, circa una ventina di pneumococchi “scatenati”.

Chi è a rischio: i soggetti più deboli

Sotto il profilo clinico non è la gestione della singola polmonite nel soggetto immunocompetente che preoccupa, piuttosto l’incursione di un ceppo virulento capace di dare malattia invasiva con prognosi delicata o grave ed addirittura sequele nel tempo. Nel primo scenario è solitamente sufficiente una valutazione strumentale o radiologica e una cura antibiotica anche domiciliare, mentre nel secondo caso è mandatorio un sollecito ricovero in ospedale con la necessità di poter adire in breve tempo anche in area critica.  I primi soggetti più frequentemente colpiti da malattia invasiva sono i bambini, poi ci sono le persone che stanno invecchiando (cioè là dove il sistema immunitario o non è ancora completamente maturato o dove inizia ad essere affaticato o dove il soggetto che invecchia convive con altre malattie come cardiopatie, broncopneumopatie, diabete, disordini metabolici che sottraggono o indeboliscono a vario titolo le difese).

Come agisce il vaccino

Attualmente disponiamo di vaccini coniugati (una sorta di vaccini di seconda generazione) che insegnano alle nostre difese immunitarie a costruire anticorpi efficaci e che lasciano traccia nella memoria immunologica (infatti per gli adulti è richiesta una sola somministrazione nella vita). Sono anticorpi che attaccano la parete dello pneumococco e ne espongono la vulnerabilità della membrana ad esempio ad anticorpi naturali o ad antibiotici. Studi scientificamente validati hanno dimostrato il netto abbattimento delle malattie invasive, compresa la meningite, nei bambini sottoposti a ciclo vaccinale.

Il rapporto rischio/beneficio del vaccino

Dati acclarati sul rapporto rischio/beneficio del vaccino e sulla sua efficacia hanno consentito di inserire la raccomandazione nelle linee guida ministeriali della vaccinazione offerta ai bambini nel primo anno di vita e agli over 65 oltre che ad una lunga lista di pazienti anche under 65, ma che abbiano particolari comorbidità. Ad esempio cardiopatie, broncopneumopatie, epatopatie croniche, insufficienza renale cronica, pazienti ematologici che vivono senza milza, che hanno leucemie o linfomi o altre forme di immuno-depressione (HIV), pazienti che hanno subito un trauma cranico con fuoriuscita di liquor, chi ha subito impianto cocleare o pazienti neoplastici in genere.

Estendere la pratica vaccinale ha inoltre un indubbio significato etico nel far circolare meno i ceppi virulenti del pneumococco e quindi proteggere la comunità in generale d in particolare gli individui che all’interno di essa sono più fragili, magari senza saperlo, oppure coloro che il vaccino non possono farlo per comprovate incompatibilità (ad esempio reazioni di anafilassi con vaccini simili).

Nel caso dell’antipneumococcica non si parla ovviamente con i termini dell’eradicazione del vaiolo (anche perché le uniche malattie eradicabili sono quelle che esistono solo nell’uomo) oppure nel prossimo traguardo di raggiungere e mantenere l’eliminazione di rosolia e morbillo (altro grande obiettivo della politica vaccinale per nostro paese), ma si offre la possibilità di minimizzare le forme di malattia pneumococcica invasiva, di ottenere un netto risparmio sulle cure, di alleviare persone anziane da iter ospedalieri lunghi e disagianti, di praticare una più corretta gestione degli antibiotici e in generali dei farmaci.

Come si somministra il vaccino

Il vaccino coniugato 20 valente si somministra una sola volta nella vita, salvo casi particolari, ed è possibile farlo in tutte le stagioni dell’anno.
E’ possibile farlo contemporaneamente al vaccino antinfluenzale.

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