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Rischio interferenziale: chi risponde dell’infortunio?

Secondo la Cassazione penale, l’appaltatore non risponde della mancata gestione di un rischio interferenziale se esso non deriva dalle modalità esecutive delle specifiche lavorazioni richieste, bensì dall’omessa predisposizione di cautele in fasi della lavorazione precedenti e gestite da altri soggetti.

Il caso riguarda l’infortunio di un lavoratore di un’impresa appaltatrice che, mentre era intento nell’attività di fissaggio delle coppelle di copertura di un fabbricato industriale, aveva calpestato un lucernaio privo di protezioni, precipitando a terra da un’altezza di circa nove metri e riportando lesioni personali gravissime. La Corte d’appello aveva condannato, oltre al coordinatore per la sicurezza in fase progettuale ed esecutiva, il legale rappresentante dell’impresa appaltatrice, contestandogli la mancata gestione del rischio interferenziale determinato dal succedersi, nella lavorazione, di due distinti appaltatori: la manovalanza della ditta dell’imputato operava, infatti, in rapida successione rispetto a quella di un’altra ditta incaricata dello smontaggio delle componenti della pavimentazione, che aveva dovuto sganciare le reti metalliche che proteggevano i lucernai e rimuovere le loro  protezioni in plexiglass. Secondo la Corte d’appello, il rischio di caduta all’interno dei lucernai non era stato contemplato nel POS né intercettato dal coordinatore per la sicurezza nonostante fosse prevedibile, in quanto le operazioni di fissaggio seguivano necessariamente gli interventi di rimozione della copertura anche in coincidenza dei lucernai dai quali era stata rimossa la rete di protezione.

Il legale rappresentante dell’impresa appaltatrice ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, l’impossibilità di adottare specifiche misure di prevenzione e protezione per il rischio considerato, tenuto conto del fatto che il rischio di caduta degli operai verso l’interno non era stato contemplato dal POS ed era stato escluso dal coordinatore non per una colpevole omissione, ma perché il pericolo di caduta verso l’interno non era connaturato alle lavorazioni demandate al personale dell’impresa, in quanto le aperture dei lucernai non avrebbero mai dovuto restare prive di protezione.

La IV Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 14070 del 8 aprile 2024, ha accolto il ricorso affermando che: «[…] [non sussiste] una posizione di garanzia in capo al titolare della ditta [appaltatrice] in relazione alla previsione e al governo di fonti di rischio che non derivavano dalle modalità esecutive delle lavorazioni richieste alla [stessa], ma dalla omessa predisposizione di cautele nelle precedenti fasi della lavorazione […]. […] pure a volere riconoscere l’inosservanza della regola cautelare concernente l’obbligo a carico del datore di lavoro di assicurare ai lavoratori l’utilizzo di dispositivi di sicurezza individuali (art.115 D.Lgs. n.81/2008), nella specie non risulta adeguatamente argomentato se alla base dell’infortunio potesse ravvisarsi l’inosservanza delle cautele sopraindicate, mentre risulta carente qualsiasi verifica sul fatto che l’infortunio ebbe come antecedente eziologico non tanto la mancata adozione di cautele individuali, quanto la mancata predisposizione, da parte di terzi, di sistemi di protezione e di sicurezza collettivi, idonei a prevenire infortuni della stessa specie in ragione di un non coordinato e partecipato sistema di gestione di un rischio interferenziale come quello che, pacificamente, ebbe a determinare la caduta dell’operaio all’interno del varco costituito da un lucernario privo di protezione. […]. […] la sentenza impugnata deve essere annullata anche con riferimento all’affermazione di responsabilità penale, sui profili sopra rappresentati della ricorrenza di un effettivo governo del rischio interferenziale in capo all’imputato quale responsabile della [ditta appaltatrice], nonché con riferimento alla verifica della concretizzazione del rischio che la regola cautelare asseritamente violata si proponeva di scongiurare, previo accertamento della colpa in concreto e, infine sulla rilevanza salvifica del rispetto della regola cautelare che si assume essere stata disattesa dall’imputato […]».

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