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Epatite acuta grave nei bambini: origine sconosciuta?

La nuova epatite acuta grave riscontrata nei bambini: facciamo un po’ di chiarezza. Intervista alla dott.ssa Francesca De Filippi, epatologa CDI

Il Centro Europeo per la Prevenzione e Controllo delle malattie (ECDC: European Center for Disease Prevention and Control) rileva che ad oggi sono 55 i casi sospetti di epatite ad origine sconosciuta tra i bambini europei, ai quali si aggiungono i 111 casi del Regno Unito, il paese finora più colpito.

In Italia sono 17 i casi segnalati, di cui 8 confermati 9 in corso di accertamento.
Altri 12 casi sono stati segnalati negli Stati Uniti, 12 in Israele ed uno in Giappone. 
In tutto sono stati già effettuati 15 trapianti di fegato, di cui 10 nel Regno Unito (in Italia 1).
Tutti i bambini colpiti finora hanno meno di 16 anni.

In Italia sono 17 i casi segnalati, di cui 8 confermati 9 in corso di accertamento.
Altri 12 casi sono stati segnalati negli Stati Uniti, 12 in Israele ed uno in Giappone. 
In tutto sono stati già effettuati 15 trapianti di fegato, di cui 10 nel Regno Unito (in Italia 1).
Tutti i bambini colpiti finora hanno meno di 16 anni.

Quali sono i sintomi

I bambini presentano i sintomi clinici di un’epatite acuta grave, con livelli di transaminasi (AST o ALT) superiori a 500 UI/L e spesso con sintomi gastrointestinali, tra cui dolore addominale, diarrea e vomito nelle settimane precedenti. Ittero, ovvero colore giallo della cute e delle sclere. Importante stanchezza, quasi mai febbre. Durante il ricovero i bambini vengono sottoposti ad esami di primo livello per escludere le cause più comuni quali il  virus dell’epatite A (HAV), il virus dell’epatite B (HBV) e Delta (HDV) ed il virus dell’epatite C (HCV); i virus minori (Citomegalovirus: CMV, Epstein-Barr virus: EBV , Toxoplasma virus, Herpes virus) . Gli esami di secondo livello includono invece virus epatici particolari e rari come il virus dell’epatite E (HEV) e ancora più raro virus dell’epatite G (HGV),  che possono essere determinati solo in alcuni laboratori specializzati di virologia. In Italia il Ministero della Salute ha invitato le Regioni a indicare tutti i pazienti sospetti, seguendo i criteri stabili dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ovvero soggetti minori di 16 anni con transaminasi superiori a 500 U/l e marcatori virali negativi.

I principali sospetti
  • Prima ipotesi: l’adenovirus

Ad oggi tra i principali indiziati c’è l’adenovirus, di cui ne esistono 57 genotipi; si tratta di una famiglia di virus a DNA che contagiano in particolare i bambini, dove di solito causano malattia lieve con sintomi simili al raffreddore, ma anche sintomi gastrointestinali quali vomito e diarrea. Quello riscontrato maggiormente nei casi del Regno Unito è il ceppo F41.

Dai dati raccolti sui casi fin’ora accertati nei vari paesi, gli esperti stanno analizzando se l’adenovirus coinvolto sia mutato, causando così malattia più grave, o se possa agire insieme ad un altro virus, incluso il Sars Cov2. Hanno sviluppato 5  ipotesi  di cui quella più probabile è la presenza di un cofattore virale che rende più aggressivo l’adenovirus, anche se non vi è ancora alcuna certezza. Inoltre nei bambini potrebbe esserci una maggiore suscettibilità dovuta alla mancanza di una precedente esposizione ad adenovirus durante la pandemia. Il co-fattore potrebbe essere una precedente infezione da SARS-CoV-2, una tossina, un farmaco o un’esposizione ambientale.

  • Seconda ipotesi al vaglio degli esperti è una nuova variante di adenovirus
  • Terza ipotesi: un farmaco, una tossina o un’esposizione ambientale (anche se meno probabile viste le diverse anamnesi raccolte).
  • Quarta ipotesi: un nuovo agente patogeno che agisce da solo o come coinfezione.
  • Quinta ipotesi: una nuova variante di SARS-CoV-2

Qualsiasi collegamento con i vaccini contro Covid-19 è stato invece escluso, poiché i bambini del Regno Unito, dove è stata individuata la maggior parte dei casi, non erano vaccinati.

Le indagini in corso e le ricerche che si stanno svolgendo sui tessuti degli organi espiantati dai bambini trapiantati, richiedono ancora molto tempo. Una accurata raccolta anamnestica e la pronta segnalazione agli organi competenti aiutano gli esperti alla individuazione precoce del patogeno.

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