Approfondimenti

Caffè e cuore
Caffè e cuore

A cura del dott. Bigi, Coordinatore Cardiologia CDI

 Il caffé è una delle bevande di più comune impiego in tutto il mondo ed ha potenziali effetti benefici sulla salute; tuttavia, i suoi componenti possono variare in base ai metodi di preparazione oltre che alla varietà del chicco.

Le ricerche tradizionali su caffè e salute sono state essenzialmente rivolte agli effetti della caffeina, la cui ingestione facilita la liberazione di adrenalina e, a sua volta, incrementa la pressione arteriosa. Conseguentemente si è per lungo tempo ritenuto che da ciò scaturisse un aumento del rischio di eventi cardiovascolari maggiori (malattia coronarica, infarto miocardico, accidenti cerebrovascolari). Studi successivi, tuttavia, hanno parzialmente ribaltato questo punto di vista nel corso degli ultimi anni dimostrando che un consumo regolare di caffè non risulta associato ad aumento significativo della mortalità cardiovascolare o da altre patologie croniche; al contrario, esso pare protettivo riguardo all’insorgenza di diabete mellito tipo 2.

Questi risultati possono spiegarsi sia con lo sviluppo di assuefazione agli effetti della caffeina sia, in alternativa, con un effetto protettivo “di bilanciamento” da parte di diversi componenti contenuti nella bevanda.

La gran parte degli studi sugli effetti del caffè, infatti, si sono limitati a valutare la quantità consumata; solo alcuni hanno preso in considerazione il potenziale vantaggio delle miscele “decaffeinate”, mentre pochissima attenzione è stata dedicata al tipo di caffè, ai metodi di preparazione e di consumo. In aggiunta alla caffeina, il caffè come bevanda contiene oltre 1000 composti chimici diversi. Di questi, alcuni sono ben classificati e posseggono noti effetti biologici: carboidrati, composti azotati, diterpeni (cafestol e kahweol), acidi volatili (a. formico) o non-volatili (a. lattico, a. tartarico, a. piruvico, a. citrico), fenoli (a. clorogenico), sostanze volatili (quelle che danno l’aroma al caffé), vitamine e minerali. Altri componenti, tuttavia, rimangono ancora non ben identificati anche se potenzialmente dotati di rilevanti effetti biologici. La proporzione di tutti questi composti, noti e non, varia in rapporto al tipo di caffè, al processo di essiccamento, di tostatura e di miscelazione. Una volta raccolte le bacche del caffè, ne vengono estratti i semi verdi che diverranno i chicchi a noi noti dopo essiccamento al sole o dopo processo di fermentazione e lavaggio. Successivamente, ha luogo la tostatura ad alta temperatura seguita da trattamento deidratante che conferisce il classico colore scuro. E’ nel corso di questa fase che si sviluppano l’aroma ed il gusto. A seconda della varietà del caffè e del grado di tostatura, variano sia il colore che la presenza dei vari composti. Più a lungo i chicchi vengono tostati, come avviene nei paesi mediterranei, maggiore è il loro grado di acidità e minore il contenuto di caffeina; diversamente, nei paesi dell’Europa centro-settentrionale il processo di tostatura è rapido e leggero. Il contenuto in caffeina delle due varietà di caffè più largamente consumate, l’Arabica e la Robusta, è rispettivamente pari a 0.8-1% e 1.7-4%.

ll caffè decaffeinato si ottiene mediante estrazione della caffeina dai semi verdi prima della tostatura, al termine della quale il suo contenuto non supera lo 0.12%. Il caffè pronto per il consumo è generalmente una miscela di differenti varietà accuratamente selezionate per differenziarne aroma, corpo e gusto. I metodi di preparazione ne influenzano sostanzialmente la composizione. I più diffusi si basano su un processo di filtrazione ottenuto per gravità (viene versata acqua calda sul caffè macinato attraverso un filtro di carta o tessuto) o mediante pistone o vite. Col metodo italiano (Espresso) il caffè viene estratto ad alta velocità (20-30 sec.), alta temperatura (96-98°C) ed alta pressione (8-10 atmosfere). Più antico, ma oggi confinato ad alcune ristrette aree geografiche, è il metodo di ebollizione impiegato nel cosiddetto caffè alla turca. Una tazzina di caffè preparato con miscela Arabica o Robusta contiene 30-175 mg di caffeina, mentre quello decaffeinato circa 3 mg.

L’acido clorogenico, contenuto nella misura del 7% nelle bacche verdi e parzialmente decomposto durante la tostatura, raggiunge al consumo una concentrazione del 4% circa, che rappresenta la sorgente dietetica più ricca di fenoli, il cui potere antiossidante è ben noto. Tuttavia, l’attività antiossidante del caffè si basa anche sulla presenza di caffeina e di altri composti derivati dalla tostatura, come ad esempio la melanoidina, il che compensa in parte la perdita di potere antiossidante secondaria alla riduzione del contenuto in acido clorogenico prodotta dalla tostatura. Dunque, il benefico potere antiossidante della nostra tazzina di caffè varia in rapporto al grado di tostatura della miscela rimanendo più alto ai gradi intermedi. I diterpeni (cafestol e kahweol) sono responsabili dell’aumento dei livelli di colesterolo, LDL-colesterolo e trigliceridi osservati nei forti consumatori di caffè non filtrato, come quello alla turca o quello bollito di uso tipico in Scandinavia, essendo trattenuti nella misura dell’80% dal processo di filtratura. Inoltre, il consumo di caffè non filtrato produce incrementi di circa il 10% dei livelli di omocisteina.

Per concludere:

  • Differenze nel tipo di bacche, nel processo di confezionamento e, soprattutto, nei metodi di preparazione, possono spiegare i risultati apparentemente conflittuali ottenuti nel corso degli anni dagli studi sugli effetti cardiovascolari del caffè
  • L’orientamento attuale e quello di non ritenere l’uso moderato di caffè dannoso per l’apparato cardiovascolare in particolare e per la salute in generale, delineandosi di contro presupposti razionali per un suo effetto benefico
  • I metodi di preparazione basati sulla filtrazione sono assolutamente da preferire a quelli basati sulla bollitura.

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