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Virus e Spillover

Intervista al prof. Enrico Magliano, microbiologo CDI

Concedetemi una breve premessa sul “dicesi virus”:

Argutamente Peter Medewar, premio Nobel per la medicina nel 1960, aveva definito i virus “una cattiva notizia imbustata in un involucro proteico”, cioè un acido nucleico (DNA o RNA) che contiene informazioni genetiche, protetto da un guscio proteico.

I virus non hanno vita autonoma e, per sopravvivere, devono parassitare cellule viventi animali o vegetali. In particolare, infatti, il virus, una volta penetrato nella cellula ospite, replica il proprio acido nucleico, che costringe la cellula parassitata a sintetizzare solo proteine per costruire il guscio dei nuovi virus.

La cellula “infarcita” da nuovi virus “scoppia” (effetto citopatico) e il virus neoformato con lo stesso meccanismo parassita numerose altre cellule animali o vegetali. Non a torto la virologa Doroty Crawford definì i virus “ingegnosi e pericolosi manipolatori”.

Il salto di specie

Non a torto la virologa Doroty Crawford definì il virus “ingegnosi e pericolosi manipolatori”.

Spesso i virus che aggrediscono l’uomo, causando anche epidemie, provengono dagli animali, attraverso un processo chiamato con un termine anglosassone SPILLOVER (che potrebbe essere tradotto in italiano con “tracimazione”) per definire un salto di specie, cioè un fenomeno per cui un microorganismo (in questo caso virus) passa da una specie animale all’uomo (per citare degli esempi: il Morbillo è derivato dal virus della peste bovina, la Mers dai cammelli e dromedari e la SARS da piccoli mammiferi).

Un altro interessante caso di Spillover è quello relativo all’HIV (Human Immunodeficiency Virus) isolato nel 1984. Si ritiene che lo Spillover sia avvenuto più volte tra scimpanzè ed esseri umani, con ogni probabilità tra il cacciatore e il sangue di prede infette (teoria del Cut hunter).

Questo fenomeno biologico è avvenuto anche di recente nel 2019 con il virus SARS-COV-2 che causa la malattia definita “COVID19”, probabilmente passata dai pipistrelli agli esseri umani.

Ricordiamo che i pipistrelli per le loro caratteristiche di vivere in gruppi affollati e misti, più facilmente si trasmettono il virus, facilitando mutazioni genetiche dello stesso. Inoltre i pipistrelli, nel corso dell’evoluzione, si adattano a non ammalarsi pur essendo portatori di cariche virali elevate.

Viene da chiedersi se esistono virus umani che non provengano da Spillover, ma al momento non vi è ancora una risposta

Probabilmente sarà necessario un approccio “One Health”, multidisciplinare, intersettoriale e coordinato, per affrontare i rischi legati al contatto tra l’ambiente, ecosistema animale e umano.

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