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La Cassazione penale sulla prevalenza dei DPC sui DPI contro le cadute dall’alto

Solo l’esecuzione di lavori di natura particolare può giustificare l’eliminazione temporanea di dispositivi di protezione collettiva contro le cadute dall’alto e la loro sostituzione con dispositivi di protezione individuale e, in ogni caso, i dispositivi di protezione collettiva devono essere immediatamente ripristinati una volta terminato il lavoro specifico.

Il caso riguarda l’infortunio occorso a un operaio che, mentre si trovava sul tetto di un fabbricato, sfondava un lucernario in plexiglass precipitando al suolo da un’altezza di quattro metri e,  stante l’assenza di reti di protezione sottostanti che impedissero le cadute o comunque ne attenuassero gli effetti, rovinava al suolo procurandosi varie lesioni. Conseguentemente il responsabile dell’azienda presso la quale il lavoratore era distaccato, il responsabile della ditta appaltatrice e il coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori venivano condannati per lesioni personali colpose gravi aggravate dalla violazione della normativa di prevenzione infortunistica.

Il datore di lavoro distaccatario ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, affermando, fra l’altro, di aver fornito al lavoratore idonei dispositivi dio protezione individuali e di aver eseguito adeguata  formazione sull’uso degli stessi.

La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 48046 del 4 dicembre 2023, ha però respinto il ricorso, rammentando che «[…] la gestione del rischio di caduta dall’alto è affidata dalla legge a due principali forme di presidio: collettivo e individuale. La prima disposizione prevede che debba essere data priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale (comma 1, lett. a); la ratio di tale indicazione risiede nel fatto che i dispositivi di protezione collettiva sono atti a operare indipendentemente dal fatto, e a dispetto del fatto, che il lavoratore abbia imprudentemente omesso di utilizzare il dispositivo di protezione individuale. La seconda disposizione consente al datore di lavoro di scegliere il tipo più idoneo tra i sistemi di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota (art. 111, comma 2); è, quindi, valorizzata la possibilità per il datore di lavoro di optare, in relazione allo stato di fatto, per un sistema piuttosto che per un altro. Un’ulteriore disposizione prevede che il datore di lavoro possa disporre l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi solamente nelle circostanze in cui risulti che l’impiego di un’altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non sia giustificato per la breve durata di utilizzo ovvero per caratteristiche del luogo non modificabili (art. 111, comma 4); tale disposizione rafforza l’indicazione iniziale circa la preferenza del legislatore per i sistemi di protezione collettiva in relazione ai lavori in quota. L’obbligo di minimizzare i rischi insiti nelle attrezzature scelte è stato correlato dal legislatore al sistema prescelto dal datore di lavoro e l’installazione di dispositivi di protezione contro le cadute è stato correlato a tale scelta (art. 111, comma 5); nell’ambito del sistema prescelto dal datore di lavoro in ossequio alle disposizioni precedenti doveva, dunque, essere valutata la responsabilità colposa dell’imputato per l’omissione di cautele atte a minimizzare il rischio di caduta. Dalla disposizione contenuta nell’art. 111, comma 6, si desume, altresì, che solo l’esecuzione di lavori di natura particolare può giustificare l’eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute che, in ogni caso, dovrà essere immediatamente ripristinato una volta terminato il lavoro di natura particolare. L’intero corpo di regole cautelari individuate dal legislatore per i lavori in quota indica, dunque, che i dispositivi di protezione collettiva sono da considerare lo strumento di maggior tutela per la sicurezza dei lavoratori, sia in quanto vengono indicati come prioritari tra i criteri da seguire nella scelta delle attrezzature di lavoro, sia in quanto l’adozione di attrezzature di protezione individuale o di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi è indicata quale scelta subordinata nel caso in cui, per la durata dell’impiego e per le caratteristiche del luogo, non sia logico adottare un’attrezzatura di lavoro più sicura. […]».

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