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Calazio: cos'è e come si cura

Intervista al dott. Edoardo Ligabue, oculista CDI

Il calazio è un’infiammazione cronica di una o più ghiandole della palpebra superiore o inferiore (ghiandole di Meibomio), deputate alla secrezione della componente lipidica del film lacrimale. Queste ghiandole sono dotate di un canalino di escrezione, visibile sul bordo della palpebra, che può ostruirsi causando un accumulo di secreto e conseguente formazione del calazio.

Perché avviene l’ostruzione?
Le cause legate all’ostruzione possono essere diverse: fattori ormonali che influenzano la densità dei lipidi (come ad esempio gli ormoni androgeni che aumentano la viscosità del sebo), fattori alimentari, oppure una scarsa igiene del bordo palpebrale, fattori infiammatori come la blefarite. La ghiandola si gonfia, apparendo come una tumefazione dura ed elastica. Non solo: per degradazione dei lipidi da parte di enzimi batterici, si innesta una reazione infiammatoria di tipo granulomatoso.
A volte, poi, i calazi possono essere multipli, in quanto possono interessare anche più ghiandole limitrofe.

Il calazio può guarire da solo?
Nel 40-50% dei casi, il calazio guarisce spontaneamente nel giro di 4-6 settimane. La terapia può tuttavia ridurre il decorso e migliorare la sintomatologia.

E nel caso questo non succeda?
Nei casi in cui non si verifica una guarigione spontanea, il calazio ha un decorso intermittente con riattivazione dell’infiammazione acuta a distanza di alcune settimane/mesi, ma soprattutto frequenti recidive.

Come ci deve comportare in questi casi?
Nei pazienti in cui ciò avviene, è opportuno programmare un trattamento: numerosi studi hanno evidenziato che l’iniezione intercalaziale di cortisone può avere un’efficacia sovrapponibile a quella dell’intervento chirurgico.

Qual’è la procedura?
Si procede con un’iniezione di 0,1 ml di una soluzione contenente 40mg/ml di triamcinolone acetonide, previa instillazione di una goccia di anestetico. L’iniezione può essere effettuata anche per via transcutanea attraverso la palpebra. Possono rendersi necessarie più iniezioni, fino a un limite di tre a distanza di un mese l’una con l’altra. In caso di insuccesso, si deve poi ricorrere all’intervento.

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