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Pagamento tardivo delle sanzioni pecuniarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro: quali effetti sull’estinzione dei reati?  

La Cassazione penale torna a esaminare la sentenza della Corte costituzionale 19/1998, che ha ritenuto estinguibili i reati sottoposti alla disciplina del D.Lgs. 758/1994, anche nel caso in cui il contravventore abbia provveduto alla sostanziale regolarizzazione delle violazioni in maniera indipendente dai contenuto delle prescrizioni emanate dall’organo di vigilanza, per valutarne l’applicabilità ai casi di pagamento tardivo della sanzione pecuniaria.

sanzioni pecuniarie

Il caso riguarda la dichiarazione di non punibilità per speciale tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., del legale rappresentante di una società, cui era stata contestata l’omessa vigilanza sulla corretta redazione del piano di sicurezza e coordinamento in occasione della realizzazione di lavori edili, e fornisce indicazioni sull’efficacia del pagamento tardivo di una sanzione pecuniaria nel procedimento di estinzione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro basato sulla disciplina dettata dal D.Lgs. 758/1994.

Il legale rappresentante ha presentato ricorso per cassazione lamentando che non fosse stata dichiarata la sua assoluzione piena dall’imputazione contestatagli nonostante egli avesse, il giorno immediatamente successivo al primo accesso ispettivo, depositato la documentazione richiesta e pagato, seppure oltre il termine di trenta giorni, un quarto della somma massima dovuta a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 758/1994: tutto ciò in conformità con quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 12 febbraio 1998, che ha ritenuto estinguibili i reati sottoposti alla disciplina del D.Lgs. 758/1994 anche nel caso in cui il contravventore abbia provveduto alla sostanziale regolarizzazione delle violazioni in maniera indipendente dai contenuto delle prescrizioni emanate dall’organo di vigilanza. La IV Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 15796 del 23 aprile 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando che: «[…] come questa Corte ha avuto più volte occasione di precisare, gli illeciti previsti dalla normativa invocata in sede di redazione del capo di imputazione a carico dell’odierno ricorrente sono suscettibili di estinzione laddove […] il contravventore adempia alle prescrizioni impartitegli dall’organo di vigilanza nel termine che gli è stato a tale fine fissato e […] provveda a pagare, nel termine di trenta giorni – decorrente dal momento della ammissione a tale incombente disposta dall’organo di vigilanza – una somma pari ad un quarto del massimo della ammenda prevista per la contravvenzione commessa […], ma deve precisarsi che per la realizzazione del descritto effetto estintivo è necessario non solo che il contravventore elimini la violazione contestata secondo le modalità prescritte dall’organo di vigilanza, ma è anche necessario che egli provveda, come detto entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ammissione al beneficio, al pagamento, secondo le forme proprie dell’oblazione, della sanzione amministrativa […] Va […] segnalato come non sia pertinente il richiamo che il ricorrente ha operato alla sentenza n. 19 del 1998 della Corte costituzionale, è, infatti, ben vero che in tale sentenza si sollecita il giudicante a ritenere attivabile il meccanismo oblativo anche nel caso in cui il contravventore abbia provveduto alla sostanziale regolarizzazione delle violazioni sebbene in maniera indipendente dai contenuto delle prescrizioni emanate dall’organo ai vigilanza, ma una tale discrezionalità applicativa, si rileva, è riferita alla sola tematica concernente la regolarizzazione delle violazioni e non anche a quella connessa al pagamento della somma a titolo di sanzione amministrativa. In tale senso, oltre all’argomento logico riferito al richiamo – quale fattore idoneo a consentire un differimento del termine per eseguire gli incombenti necessari ai fini della estinzione del reato – alla congruità del termine, sia pur dilatato, nel quale detti incombenti sono stati comunque eseguiti (riferimento che non avrebbe senso in relazione ad una obbligazione di pagamento di una somma di danaro, la quale, non postulando difficoltà tecniche in sede di esecuzione, è sempre suscettibile di essere materialmente eseguita entro il termine dato), milita anche il dato letterale contenuto nel comma 3 dell’art. 24 del D.Lgs. n. 758 del 1994 […] dovendosi, pertanto, ritenere che il margine di valutazione discrezionale che il citato comma 3 dell’art, 24 del D.Lgs. n. 758 del 1994 riserva all’organo giudicante è esclusivamente riferito alle modalità, anche temporali, di eliminazione delle violazioni e non anche al rispetto del termine entro il quale deve intervenire il pagamento della sanzione amministrativa parametrata ad un quarto del massimo della ammenda».

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