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Lavoratore non idoneo e sospensione della retribuzione: i limiti fissati dalla Cassazione

Secondo la Cassazione lavoro, la sospensione dal servizio e dalla retribuzione del lavoratore temporaneamente non idoneo non è automatica, ma costituisce una misura eccezionale, giustificata solo quando la sospensione non sia imputabile al datore di lavoro.

Il caso riguarda un dipendente di una catena della grande distribuzione, addetto al reparto gastronomia, che, dopo un’assenza per malattia, viene giudicato dal medico competente «non idoneo temporaneo alla mansione» e, per tale ragione, sospeso dall’azienda sia dall’attività lavorativa sia dalla retribuzione, senza essere collocato in mansioni alternative (come, ad esempio, quelle di cassiere) e senza ulteriori verifiche organizzative sulle possibili ricollocazioni interne. Il lavoratore ha contestato il provvedimento datoriale e il giudizio sanitario, promuovendo ricorso ex art. 41, comma 9, D.Lgs. 81/2008 e, in sede collegiale presso l’ASL, era stato dichiarato idoneo alla mansione, seppur con limitazioni. Sia il Tribunale di Lucca sia la Corte d’appello di Firenze avevano riconosciuto l’illegittimità della sospensione, rilevando come la società non avesse allegato né provato elementi idonei a dimostrare l’assenza di alternative organizzative e condannandola al pagamento delle retribuzioni trattenute nel periodo di sospensione.

La società si richiama al giudizio del medico competente

La società aveva proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione degli artt. 1175, 1218, 2087 e 2697 c.c. e delle disposizioni del D.Lgs. 81/2008 in tema di medico competente, sostenendo di essersi limitata a dare esecuzione a un giudizio tecnico “terzo” e di non poter essere gravata del rischio connesso a un eventuale errore di valutazione sanitaria, chiedendo, pertanto, che venisse riconosciuta la legittimità della sospensione dal servizio e dalla retribuzione.

I limiti della sospensione retributiva

La Sezione lavoro della Cassazione civile, con ordinanza 10 settembre 2025, n. 24973, ha rigettato il ricorso, affermando che: «In punto di diritto la gravata sentenza è conforme ai principi statuiti dalla giurisprudenza di legittimità sia in ordine agli artt. 41 e 42 D.Lgs. n. 81/2008 […] sia con riguardo a quelli in materia di sospensione unilaterale del rapporto di lavoro dei dipendenti che e giustificata ed esonera parte datoriale dall’obbligazione retributiva solo quando essa sospensione non sia ad essa imputabile […]. Con un accertamento in fatto, esaustivamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha, poi, escluso che si verteva in una ipotesi di non imputabilità della sospensione, rivelatasi illegittima in quanto adottata sulla base di un giudizio del medico competente non confermato in sede di revisione, perché la società non aveva allegato e provato gli elementi di fatto che l’avevano indotta a ritenere fondate le conclusioni del medico ex art. 41 D.Lgs. n. 81/2008, le quali, peraltro, erano state immediatamente contestate e il cui giudizio di revisione era stato fissato in un lasso temporale molto breve. La Corte territoriale, pertanto, non ha affermato che il datore di lavoro avrebbe dovuto disattendere la valutazione del medico competente, ma in applicazione dei principi sopra menzionati e in un peculiare contesto di fatto, anche con riguardo al profilo temporale degli eventi, ha ritenuto ad esso datore imputabile una sospensione del rapporto di lavoro, fondata su un giudizio poi riformato, non considerando giustificata la mancata accettazione della prestazione lavorativa offerta dal dipendente anche in altre forme compatibili con la idoneità alle mansioni cui era addetto».

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