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Infortuni sul lavoro: l’errore medico successivo non esclude la responsabilità

Secondo la Cassazione penale, negli infortuni sul lavoro il nesso causale con il danno – e dunque la responsabilità – non si interrompe per errori medici successivi, anche colposi, salvo che tali errori siano una causa autonoma, imprevedibile e da soli sufficienti a provocare l’evento.

Il caso riguarda la condanna di un datore di lavoro per violazione dell’art. 108 del D.Lgs. 81/2008, avendo omesso di assicurare idonea viabilità in un’area di cantiere in cui erano presenti dei cavi elettrici, con rischio di inciampo, su pavimenti e percorsi e per aver omesso di installare ulteriori dispositivi di sicurezza nell’area esterna ad esso.

L’adozione immediata di misure di sicurezza

Il datore di lavoro ha  proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, l’omessa applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità dell’autore del reato in caso di particolare tenuità del fatto, per la mancata valutazione, da parte del giudice del merito, dell’adozione immediata delle misure di sicurezza prescritte e dell’incensuratezza dell’imputato, avendo invece la sentenza evidenziato solamente la pluralità delle violazioni e il mancato pagamento della sanzione.

Il nesso causale interrotto dall’errore medico

Il responsabile ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che la sentenza avrebbe erroneamente escluso l’interruzione del nesso causale tra l’incidente e il decesso, travisando il contenuto della consulenza della difesa la quale, contrariamente a quanto affermato nella sentenza, aveva espressamente sostenuto che l’omesso intervento medico aveva interrotto il nesso causale, costituendo autonoma causa decesso del paziente.

La sentenza della Cassazione penale

La III Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 31259 del 18/09/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando che: «il Collegio ritiene che l’orientamento interpretativo […] originariamente formulato in contesti differenti e recentemente applicato a fattispecie relative alla violazione della normativa antinfortunistica, nelle quali non è stato rilevato alcun profilo di colpa a carico dei sanitari, possa trovare utile applicazione anche nel caso oggetto del presente esame. In quest’ultima ipotesi, infatti, risulta accertata, sulla base della consulenza tecnica di parte, la sussistenza di responsabilità professionale in capo ai medici curanti. Le vicende appaiono, dunque, riconducibili alla medesima ratio, fondata su criteri generali di imputazione soggettiva e di valutazione del nesso causale, tali da consentire l’estensione del principio anche a situazioni in cui la condotta sanitaria presenti profili di colpa, purché essa non si configuri come causa autonoma, imprevedibile e da sola sufficiente a determinare l’evento lesivo. Deve, pertanto, affermarsi il principio secondo cui in materia di responsabilità per infortuni sul lavoro, il nesso eziologico tra la condotta originaria e l’evento morte non può ritenersi interrotto per effetto di una successiva condotta colposa dei sanitari, ove quest’ultima non si configuri come causa autonoma, imprevedibile e da sola sufficiente a determinare l’evento lesivo».

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