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Infortuni: la Cassazione penale contro la presunzione di colpevolezza del datore di lavoro

Non è possibile affermare la responsabilità colposa del datore di lavoro per un infortunio limitandosi a richiamare in astratto i concetti di prudenza, perizia e diligenza: è sempre necessario specificare, in concreto, quale sia il comportamento doveroso che sia stato omesso nel contesto che ha portato all’infortunio.

Il caso riguarda la condanna di un datore di lavoro e di un preposto per un infortunio occorso a un lavoratore mentre puliva una macchina per la produzione di hamburger, priva di protezioni mobili e con il sensore di sicurezza disattivato. Secondo i giudici, di primo e secondo grado, la disattivazione del sensore di sicurezza faceva parte di una prassi aziendale di elusione delle misure di sicurezza, finalizzata a consentire la pulizia della macchina in movimento e, quindi, ad accelerare i tempi di produzione; o, comunque, tale malfunzionamento del sensore era conseguenza della trascuratezza degli imputati nell’adempiere ai loro obblighi di manutenzione e controllo dei macchinari. Secondo la difesa degli imputati, viceversa, il blocco del sensore di sicurezza sarebbe avvenuto a causa di un malfunzionamento accidentale e sostanzialmente imprevedibile.

I condannati hanno, quindi, proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che i giudici di primo e secondo grado, seppure con diverse argomentazioni, fossero giunti a ritenere credibile l’esistenza di un’illecita prassi aziendale di esclusione sistematica del sensore di sicurezza o, comunque, provato il difetto di manutenzione dello stesso, pur in assenza di qualsiasi argomento tecnico a sostegno di tali tesi; ma, soprattutto, in contraddizione con gli elementi acquisiti nel corso del procedimento, che tendevano piuttosto ad accreditare l’ipotesi di un malfunzionamento accidentale del sensore di sicurezza.

La IV Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 25564 del 11 luglio 2025, ha accolto il ricorso affermando che: «[…] il giudizio espresso […] dalla Corte di Appello […] si è arrestato alla ritenuta inefficienza del sistema di sicurezza, desunta dal fatto che la macchina porzionatrice di hamburger era rimasta in funzione benché la protezione in plexiglass fosse stata rimossa; da tale circostanza di fatto, e in assenza di un qualche accertamento tecnico sul punto, è pervenuta alla conclusione che il sistema di sicurezza fosse stato aggirato per accelerare le operazioni di pulizia degli ingranaggi, che avrebbero dovuto avvenire a circuito elettrico disattivato. A sostegno di tale conclusione pone due argomenti logici e cioè valorizza l’interesse dell’azienda a rendere più spedito il ciclo produttivo e il fatto che i responsabili della sicurezza erano riusciti a ripristinare la misura di protezione immediatamente dopo l’infortunio. Il ragionamento seguito dal giudice di appello […] risulta circolare ed ellittico e viola il principio, ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale ai fini dell’accertamento del fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare […]. Il giudice, pertanto, a fronte di specifica allegazione di una momentanea interruzione della misura di sicurezza, prospettata dalla difesa dei ricorrenti fin dal giudizio di primo grado, e considerato che il sistema di sicurezza era risultato operativo all’atto delle verifiche degli organi ispettivi, avrebbe dovuto applicare i sopra esposti principi in ordine alla esatta ricostruzione delle fasi della lavorazione e delle ragioni della mancata attivazione del sistema di sicurezza […]»

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