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Il movimento come strumento di prevenzione senologica

Ne parliamo con la dott.ssa Daniela Bossi, Consulente Responsabile Servizio di Senologia CDI

La prevenzione senologica rappresenta uno degli strumenti più efficaci nella lotta contro il tumore al seno, la neoplasia più frequente tra le donne in Italia, con oltre 55.000 nuovi casi ogni anno. Oltre agli screening regolari e ad uno stile di vita sano, un elemento spesso sottovalutato ma altamente efficace è il movimento fisico regolare. Numerosi studi scientifici confermano che l’attività fisica può ridurre significativamente il rischio di sviluppare il cancro al seno.

Metanalisi e studi prospettici hanno dimostrato che donne fisicamente attive presentano un rischio ridotto del 20-30% di sviluppare carcinoma mammario rispetto alle sedentarie. L’effetto protettivo risulta più marcato nelle donne in post-menopausa, ma è osservabile anche in età premenopausale.

Come l’attività fisica influisce sul rischio?

Il legame tra esercizio fisico e prevenzione del cancro al seno si basa su diversi meccanismi biologici:

  1. Regolazione degli ormoni
    L’attività fisica aiuta a regolare i livelli di estrogeni e insulina, due ormoni che, se presenti in eccesso, possono favorire la crescita delle cellule tumorali nella mammella.
  2. Riduzione dell’infiammazione
    L’esercizio riduce i processi infiammatori cronici che possono contribuire alla formazione di cellule cancerose.
  3. Controllo del peso corporeo
    Il sovrappeso e l’obesità, soprattutto dopo la menopausa, sono fattori di rischio noti. Il movimento aiuta a mantenere un peso sano, riducendo l’accumulo di tessuto adiposo che produce estrogeni.
  4. Rafforzamento del sistema immunitario
    L’attività fisica moderata stimola il sistema immunitario, migliorando la capacità dell’organismo di riconoscere e distruggere le cellule anomale.

Quanto movimento serve?

Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’American Cancer Society:

  • Almeno 150 minuti a settimana di attività aerobica moderata (come camminare a passo svelto, andare in bicicletta o nuotare), oppure
  • 75 minuti a settimana di attività intensa (come corsa o sport aerobici ad alto impatto),
  • Combinati con esercizi di forza almeno 2 volte a settimana.

La gradualità e la sostenibilità del programma di esercizio risultano essenziali, soprattutto nei soggetti sedentari o con comorbidità.


L’importanza dell’attività fisica dopo la diagnosi

Numerosi trial clinici indicano che il movimento, anche in pazienti oncologiche, non solo migliora la qualità della vita, ma può ridurre il rischio di recidive e mortalità. L’attività fisica adattata è ormai parte integrante dei programmi di riabilitazione oncologica (oncologia integrata).

L’attività fisica, inizialmente promossa per la prevenzione primaria, si è affermata come intervento terapeutico non farmacologico nei piani di trattamento delle pazienti con cancro al seno.

Quali sono gli effetti benefici dell’attività fisica durante il trattamento?

  • Riduzione della fatigue oncologica

La fatigue è uno degli effetti collaterali più debilitanti della chemioterapia, radioterapia e terapia ormonale. Studi randomizzati hanno dimostrato che programmi di esercizio aerobico e di resistenza ridimensionano significativamente l’intensità della fatigue rispetto ai gruppi di controllo sedentari.

  • Mantenimento della massa muscolare e composizione corporea

La sarcopenia indotta da trattamenti oncologici è associata a prognosi peggiori. L’attività fisica, soprattutto quella di resistenza, contribuisce al mantenimento della massa muscolare, prevenendo il decondizionamento e l’atrofia.

  • Miglioramento della funzione cardiopolmonare

La cardiotossicità indotta da farmaci come le antracicline può essere mitigata attraverso un esercizio cardiovascolare regolare, che preserva la funzione cardiorespiratoria e migliora la tolleranza ai trattamenti.

  • Gestione degli effetti collaterali della terapia ormonale

Gli inibitori dell’aromatasi e il tamoxifene possono causare dolori articolari, aumento di peso e osteopenia. L’attività fisica aiuta a migliorare la flessibilità articolare, a mantenere la densità ossea e a contenere l’aumento ponderale.

e i benefici psicologici e sociali?

  • Riduzione di ansia e depressione
    L’esercizio regolare è associato a un miglioramento della salute mentale, spesso compromessa dalla diagnosi e dal trattamento oncologico.
  • Miglioramento dell’autoefficacia e della percezione corporea
    Le pazienti riportano un miglior senso di controllo sul proprio corpo, riducendo il vissuto di fragilità e malattia.
  • Rafforzamento del supporto sociale
    Programmi di esercizio in gruppo o supervisionati da professionisti favoriscono l’integrazione sociale e il senso di appartenenza.

Quali sono gli effetti sull’outcome oncologico?

Diversi studi osservazionali di coorte indicano che l’attività fisica dopo la diagnosi è associata a:

  • Riduzione del rischio di recidiva del 20–40%
  • Riduzione della mortalità specifica per cancro al seno
  • Riduzione della mortalità per tutte le cause

Sebbene non siano ancora disponibili RCT definitivi per confermare un nesso causale diretto, le associazioni sono clinicamente rilevanti e supportano l’integrazione dell’esercizio nei percorsi di cura.

Quanto tempo occorre dedicare all’esercizio fisico quando si è in terapia?

Secondo l’American College of Sports Medicine (ACSM) e l’American Cancer Society (ACS), le pazienti oncologiche possono e devono essere incoraggiate a praticare:

  • 150 minuti/settimana di attività aerobica moderata (es. camminata veloce, cyclette)
  • 2 sessioni/settimana di esercizi di resistenza (con pesi leggeri o elastici)
  • Esercizi di mobilità e flessibilità, soprattutto in presenza di esiti chirurgici (es. linfedema, rigidità scapolo-omerale)

L’attività deve essere personalizzata, tenendo conto di condizioni cliniche, tipo di trattamento in corso, eventuali controindicazioni e preferenze individuali.

L’importanza della multidisciplinarietà

L’integrazione dell’attività fisica nei percorsi terapeutici oncologici richiede una collaborazione multidisciplinare tra oncologi, fisioterapisti, fisiatri, medici dello sport e psicologi. È essenziale che i programmi siano supervisionati e adattati al singolo caso clinico, soprattutto in presenza di comorbidità o trattamenti complessi.

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