Intervista al dr. Riccardo Bigi, responsabile Servizio di Cardiologia CDI

Oggi, in un mondo in cui milioni di persone trascorrono gran parte della giornata sedute – in ufficio, in macchina o davanti allo schermo – camminare è una delle poche attività fisiche davvero alla portata di tutti. Eppure, molti non lo fanno abbastanza: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 1 adulto su 4 nel mondo non raggiunge i livelli minimi di attività fisica raccomandati. Nei Paesi ricchi la situazione è ancora più critica: circa il 36-40% degli adulti e l’80% degli adolescenti non praticano abbastanza esercizio fisico.
Perché la sedentarietà è un problema serio
Le conseguenze di una vita sedentaria non coinvolgono soltanto aspetti estetici o la percezione soggettiva di benessere, ma influenzano significativamente la nostra salute in modo negativo: circa 2 milioni di morti all’anno, infatti, sono correlate alla sedentarietà che si colloca tra le prime dieci cause di morte e disabilità a livello globale, aumentando il rischio di:
- malattie cardiovascolari
- obesità
- diabete di tipo 2
- alcuni tumori.
In Italia, ad esempio, è collegata al 9% dei casi di infarto, circa 26.000 casi all’anno, e chi passa molte ore seduto ha fino al 50% in più di rischio cardiovascolare.
La buona notizia? Bastano solo 15 minuti di camminata veloce al giorno per ridurre in modo significativo il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (morte improvvisa, infarto miocardico).
Camminiamo bene: non contano i passi, conta il ritmo
Sfatiamo un mito: non sono i famosi 10.000 passi giornalieri a fare la differenza, ma la velocità della camminata. A suggerirlo è un recente studio statunitense, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, che ha coinvolto 79.850 adulti tra i 40 e i 79 seguiti per quasi 17 anni. I partecipanti hanno auto-riferito i minuti dedicati quotidianamente a camminate lente o veloci, distinguendo attività come andare al lavoro o portare a spasso il cane (camminata lenta) da quelle più dinamiche come salire le scale o camminare a passo sostenuto (camminata veloce).
I risultati dimostrano che camminare a passo svelto per 15 minuti al giorno riduce del 19% il rischio di mortalità per tutte le cause, con un effetto ancora più pronunciato per le malattie cardiovascolari, in particolare per la cardiopatia ischemica. In confronto, camminare lentamente per ore non produce gli stessi benefici, anche a parità di tempo complessivo dedicato all’attività fisica. Inoltre, i benefici della camminata veloce sono stati riscontrati anche nelle persone che non si allenavano regolarmente o praticavano diversi tipi di attività fisica.
Cos’è una camminata veloce?
I partecipanti allo studio definivano “camminata veloce” un ritmo sostenuto, che poteva includere salire le scale o attività aerobiche leggere. Sebbene il ritmo fosse autodefinito, e quindi soggetto a qualche variazione individuale, l’associazione era chiara e costante: chi manteneva un’andatura rapida aveva una maggiore aspettativa di vita, a prescindere dal tempo passato seduto o dal livello complessivo di attività fisica.
Gli autori dello studio sottolineano che camminare velocemente:
- migliora l’efficienza del cuore
- riduce pressione sanguigna, colesterolo e grasso corporeo
- aumenta la capacità aerobica (VO2 max), un indicatore chiave dello stato di salute cardiovascolare.
Un messaggio semplice e accessibile
Camminare a passo svelto è facile, economico e adatto a tutti e andrebbe promosso mediante campagne ad hoc in particolare fra le popolazioni a rischio cardiovascolare aumentato. Non serve necessariamente essere atleti: basta uscire di casa e camminare a passo sostenuto per un quarto d’ora al giorno. Un obiettivo realistico e raggiungibile, anche per chi ha poco tempo o risorse limitate.
Pur in presenza di alcune limitazioni di questo studio, come il fatto che i dati sull’attività fisica erano auto-riportati e raccolti solo all’inizio del periodo di osservazione, i risultati si inseriscono in una vasta letteratura scientifica che conferma l’efficacia dell’esercizio moderato ma regolare nell’ambito della prevenzione primaria.