Secondo la Cassazione penale, il legale rappresentante è garante della nomina del medico competente e dell’effettiva attivazione della sorveglianza sanitaria, indipendentemente dalle ragioni del conferimento della sua carica o dall’esistenza di altri gestori di fatto.

Il caso riguarda la condanna dell’amministratore unico di una piccola impresa per la mancata nomina del medico competente e per la mancata attivazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori sino al giorno successivo a un infortunio mortale. Il quadro documentale aveva mostrato come la valutazione dei rischi individuasse profili di esposizione per i quali la sorveglianza risultava necessaria, senza che fossero stati predisposti protocolli sanitari, visite preventive e periodiche, giudizi di idoneità e flussi informativi tra datore di lavoro, medico competente e RSPP. L’imputato aveva sostenuto di avere assunto la carica in via “amicale”, senza occuparsi della gestione ordinaria.
L’assenza di responsabilità nella gestione
Il legale rappresentante ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, a causa dalla natura meramente apparente della carica: infatti l’imputato, pur non essendo un “prestanome” dietro compenso, aveva accettato l’incarico nella società per ragioni di amicizia e nella prospettiva di essere avviato in un futuro alla gestione dell’impresa, ma era totalmente all’oscuro della gestione corrente.
La posizione di garanzia dell’organo apicale
La III Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 34162 del 17 ottobre 2025, ha rigettato il ricorso, ritenendo che «in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore della società, a cui formalmente fanno capo il rapporto di lavoro con il dipendente e la posizione di garanzia nei confronti dello stesso, non viene meno per il fatto che il menzionato ruolo sia meramente apparente, essendo invero configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 299 D.Lgs. 8 aprile 2008, n. 81, la corresponsabilità del datore di lavoro e di colui che, pur se privo di tale investitura, ne eserciti, in concreto, i poteri giuridici […]. Né, ai fini dell’applicazione di questo principio, può ritenersi rilevante l’incarico di legale rappresentante dell’impresa sia stato assunto per ragioni di amicizia o nella prospettiva di diventare successivamente l’effettivo amministratore della ditta. Ciò che conta, infatti, è l’accettazione della carica di amministratore, perché l’accettazione di tale carica implica l’assunzione della posizione di garanzia ad essa intrinsecamente connessa in ragione dei poteri fisiologicamente spettanti».