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La Cassazione penale sui limiti della responsabilità del preposto di fatto

Secondo la Cassazione penale un preposto, anche se non formalmente nominato (c.d. “preposto di fatto”), risponde delle conseguenze di infortuni verificatisi in sua assenza se è consapevole della sistematica inosservanza, da parte dei lavoratori, all’adozione di presidi antinfortunistici.

preposto di fatto

Il caso riguarda la condanna per omicidio colposo, con inosservanza della disciplina antinfortunistica, di un preposto di fatto, accusato di non aver vigilato sulla predisposizione delle misure di sicurezza (linee vita, sistemi di aggancio, connettori) a tutela dei colleghi impegnati in operazioni in quota: a causa di ciò un lavoratore, che si trovava ad operare all’altezza di otto metri, dopo aver perso l’equilibrio era precipitato a terra, provocandosi lesioni mortali.

Il preposto ha presentato ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, di non essere mai stato formalmente nominato in quanto tale, a differenza di altri colleghi, e di non essere stato presente in cantiere al momento dell’infortunio, essendo impegnato in altra attività a diversi chilometri di distanza. La IV Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 15696 del 22 aprile 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando che: «[…] i giudici di merito hanno sostanzialmente ritenuto la non decisività, ai fini della ricostruzione della posizione di garanzia […], del fatto che lo stesso non fosse presente nel cantiere in coincidenza con l’evento infortunistico (questione questa posta al centro dei motivi di ricorso), avendo individuato il ricorrente come il punto di riferimento dei lavoratori dell’impresa […], quale il soggetto, sovraordinato alle maestranze, che aveva impartito istruzioni ai lavoratori la sera precedente il fatto, dopo aver effettuato personalmente un sopralluogo sul cantiere. Secondo i giudici di merito, l’imputato avrebbe dovuto e potuto pretendere che i lavoratori facessero uso dei dispositivi di protezione rimasti inutilizzati nel furgone e prescriverne l’utilizzo di altri più efficaci, essendo insufficienti questi ultimi, secondo il principio di esigibilità. Il rimprovero colposo attiene pertanto alla realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l’osservanza delle norme cautelari violate e mediante l’attivazione di condotte doverose o, comunque, esigibili a carico di soggetto preposto, quantomeno di fatto, alle lavorazioni, consapevole della sistematica inosservanza da parte dei lavoratori all’adozione di presidi antinfortunistici individuali, pure presenti sul luogo di lavoro».

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