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Arte e benessere

Possono il bello e l’arte, farci stare meglio? Un intervento di Enzo Grossi – Advisor scientifico Fondazione Bracco

Arte e benessere

Trenta-quarantamila anni fa i nostri antenati, abitando zone come quella della Francia Meridionale che all’epoca offrivano un paesaggio desolato e freddo simile alla tundra,  passavano gran parte della propria esistenza in grotte come la grotta Chauvet o quella di Lascaut, anche per difendersi dagli animali feroci. Pensiamoci bene: cosa li spingeva a disegnare sulla roccia figure animali armoniose? Senso religioso, pratiche magiche, affermazione si sé, senso di appartenenza a un gruppo sociale? Forse. Nessuno lo può sapere purtroppo. Ma perché non pensare più semplicemente che dipingessero queste figure anche per il puro e semplice piacere di ammirarle, di decorare il proprio ambiente di vita, di esprimere il proprio senso estetico e da questa bellezza artistica trarne felicità?

Questa domanda ne voca altre: perché l’arte ha avuto in tutte le società una presenza così rilevante? Perché attribuiamo tanto “valore” (culturale, sociale, economico) alla fruizione dell’arte? Perché sin dai tempi antichi l’uomo ha desiderato essere circondato dall’arte?

Arte e benessere: possono il bello e l’arte farci stare meglio?

Sembra proprio di sì. L’arte di rende felici, ci fa star bene. Il benessere psicologico oltre ad avere un valore intrinseco è anche il punto di partenza per ottenere un riverbero sulla salute fisica, sulla longevità e sulla riduzione del declino cognitivo. Le prove scientifiche sono relativamente recenti, ma l’idea che l’arte produca benefici per la nostra salute è da sempre presente in tutte le civiltà. Lo testimonia il fatto che varie forme di arte l’arte hanno caratterizzato da sempre gli ambienti di cura.

Nell’antica Grecia i malati si recavano negli Asklepeion, templi di guarigione. In questi luoghi i pazienti ricevevano una cura in primo luogo spirituale e poi fisica.  La cura spirituale era data dall’arte. C’erano statue di Apollo, divinità del benessere, Asklepio, divinità della guarigione e di Igea divinità della medicina. C’era molta arte come fregi architettonici in scultura a rilievo, arte che serviva a purificare le proprie emozioni. Nel medioevo i numerosi ospedali nati in genere presso monasteri, venivano chiamati Domus Dei. Espressione delle comunità religiose cristiane, erano spesso decorati con iconografia biblica e includevano pale d’altare e altre opere d’arte devozionali. Qui la cura si intrecciava con la preghiera.

L’apice vien raggiunto nel rinascimento dove i primi grandi ospedali, come Santa Maria della Scala a Siena, Santa Maria Nuova a Firenze e la Ca’ Granda a Milano, accudivano i pellegrini e i malati all’interno di ambienti affrescati dai migliori artisti del tempo. La lezione del Rinascimento è semplice: portare l’arte dove le persone hanno bisogno di cure.

Gli effetti dell’arte sulla salute

Arte e benessere: gli effetti delle Arti sulla Salute e sul Benessere sono stati in tempi recenti scientificamente dimostrati.
Nel novembre 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato il grande rapporto intitolato “What is the evidence of the role of the arts in improving health and well-being?”.

Questo report sintetizza le evidenze a livello globale sul ruolo delle arti nel miglioramento della salute e del benessere, con un focus specifico sulla Regione Europea dell’OMS. I risultati di oltre 3000 studi hanno messo in evidenza il ruolo determinante delle arti per quanto riguarda la prevenzione delle malattie, la promozione della salute e il trattamento e la gestione delle patologie che si manifestano nel corso della vita. È stato rilevato, inoltre, che la presenza di opere d’arte negli studi medici o nelle cliniche può potenziare la comunicazione tra medici e pazienti, riducendo l’ansia del paziente e aumentando il senso di soddisfazione del personale sanitario.

Non solo si sta dimostrando che l’accesso alla cultura e alle attività basate sulle pratiche artistiche siano necessarie come complemento ai trattamenti per le popolazioni cliniche o a rischio (i.e., malati di Alzheimer, Parkinson, demenza o popolazione anziane) ma che praticare e stare a contatto con l’arte siano fattori determinanti per la nostra felicità. Discipline come la filosofia, la psicologia, l’antropologia – seppur a volte empiricamente – ce lo dicono da sempre. Già Sigmund Freud aveva riconosciuto l’importanza dell’arte per la mente umana. 

Più recentemente i neurobiologi si sono fatti domande intriganti: quali sono i meccanismi cerebrali sottostanti l’esposizione alla bellezza? Come il cervello risponde alla arte? Quali sono i meccanismi cerebrali?

Oggi sappiamo che le componenti della bellezza artistica, come il colore, le proporzioni, la direzione, la simmetria, la forma, la luce e molte altre possono influenzare la nostra fisiologia. Quando il loro mix, la loro complessità raggiunge una certa soglia, (e non sappiamo esattamente come) la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la temperatura cutanea cambiano. Tutti questi cambiamenti sono dovuti a una trasformazione dell’attività cerebrale.

Parliamo di “neuroestetica”

La scienza che cerca di oggettivare questa trasformazione si chiama Neuroestetica, una disciplina che utilizza varie tecnologie come l’elettroencefalografia, la stimolazione magnetica transcranica e soprattutto la risonanza magnetica funzionale per comprendere modificazione funzioni biologiche cerebrali in seguito a stimoli estetici. Chi ha dato il nome a questa nuova disciplina 25 anni fa, il suo profeta, è Semir Zeki, neuroscienziato dell’UCL. Zeki ha scoperto nella corteccia orbitofrontale anteriore mediale e più precisamente nell’area A1mOFC un centro altamente specializzato per rispondere a stimoli estetici positivi e l’ha definita il centro della bellezza.

Studi di neuroscienze hanno dimostrato che i segnali provenienti dal centro della bellezza hanno un’influenza pervasiva su altre strutture cerebrali, coinvolti in una sorta di circuito della bellezza. L’ippocampo e il nucleo caudato a seguito di esperienze di bellezza artistica rilasciano Dopamina e Serotonina che ci danno sensazioni di piacere e di miglioramento del tono d’umore. Altre aree cerebrali, tutte ricche di neuroni dopaminergici che formano il cosiddetto “sistema di ricompensa” si attivano in parallelo. Dal sistema di ricompensa sperimentiamo sensazioni di piacere, soddisfazione, eccitazione e talvolta anche brividi lungo la schiena davanti a qualcosa di particolarmente bello. È stato anche riscontrato che una di queste aree, l’area tegmentale ventrale, se attivata, influisce positivamente sul sistema immunitario, a riprova del fatto che mente e corpo sono in collegamento. Altrettanto importate è il coinvolgimento dell’ipofisi, con il rilascio di endorfine e dell’ipotalamo con il rilascio di ossitocina. Le endorfine aumentano il benessere, riducono ansia e depressione mentre l’ossitocina esercita azioni speciali, al di là delle sue ben note azioni fisiologiche sull’empatia e sulla promozione delle relazioni sociali. L’ossitocina ha un’azione antistress legata alla riduzione dell’attività dell’amigdala, coinvolta in un circuito cerebrale non molto conosciuto, il circuito della paura. L’ansia, lo stress e la paura, per esempio di avere una malattia dannosa, attivano attraverso amigdala, il sistema nervoso simpatico, e la risposta infiammatoria che, nel caso del cancro, stimola la crescita del tumore e facilita le metastasi. Sappiamo anche che lo stress, il silent killer, innesca la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Ebbene l’ossitocina blocca questo circuito stoppando la corticotropina. Impedisce così che la produzione continua e prolungata di cortisolo produca una serie di conseguenze negative come danni neuronali, immunosoppressione e accorciamento dei telomeri cromosomici con riduzione della longevità

Partendo da queste premesse, è facile immaginare quanto sia appropriato arricchire l’ambiente ospedaliero e quello sanitario in generale con l’arte, per migliorare il benessere dei pazienti dei loro caregivers.

I risultati di una serie di studi qualitativi e quantitativi suggeriscono che l’arte figurativa e astratta possono avere effetti positivi sul benessere dei pazienti ricoverati, dei loro famigliari e degli operatori come già i medici avevano intuito nell’antichità. Le proprietà distrattive dell’arte si sono rivelate utili durante e dopo procedure dolorose o durante la terapia del dolore cronico e sul controllo dell’ansia e della depressione.

Per le aree sociali e le sale pubbliche, una miscela di arte astratta e figurativa sembra essere adeguata a soddisfare vari interessi, a promuovere l’interazione sociale e a evitare la deprivazione mentale fornendo molteplici stimoli sensoriali. Per le aree operatorie gli studi effettuati suggeriscono invece l’utilizzo di scene naturali, che risultano accettabili per la maggior parte dei pazienti.

Giova ricordare che il CDI si è da sempre dimostrato sensibile a questa pratica ed è stato all’avanguardia nel contesto italiano favorendo la presenza di arte al suo interno attraverso istallazioni permanenti e mostre d’arte figurativa e fotografica. La crisi globale legata a Covid19 ha messo ancor più in evidenza il contributo centrale delle arti alla nostra salute mentale e alla nostra capacità di coesione sociale, in una parola alla fioritura umana individuale e collettiva.

Le mostre al CDI

Dal 2005 il Centro Diagnostico Italiano ha ospitato, con il contributo di Fondazione Bracco, 28 mostre, spaziando da collaborazioni con importanti Istituzioni milanesi quali Accademia Teatro alla Scala, Istituti d’Arte e di Fotografia, Artisti di fama internazionale e programmi televisivi.

Per ogni mostra siamo sempre partiti dallo stesso pensiero, anzi, una convinzione, sostenuta da evidenze scientifiche sull’arte e benessere: l’esposizione all’arte e alla cultura contribuisce al complessivo miglioramento della qualità della vita. A maggior ragione in una struttura sanitaria dove le persone si recano per occuparsi del loro bene più prezioso, la salute. Qui sotto una gallery delle 29 mostre ospitate al CDI negli ultimi vent’anni.

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